E sulla zona del terrapieno piomba la scommessa di una “Città dello sport” Il testimonial? È Leo Bassi

la proposta
Ha un nome l’area sportiva multidisciplinare che una cordata di imprenditori punta a realizzare nella parte finale del Porto vecchio, alle spalle del futuro Centro congressi. Si tratta del grande progetto “Città dello sport” voluto da Mauro Benetton, primogenito di Luciano, nell’area veneta di Villorba, poi bloccato dall’indisponibilità di un privato a vendere il terreno.
«Un problema che a Trieste non si porrebbe, visto che il Porto vecchio è pertinenza del Comune», spiega l’intermediario che nei giorni scorsi ha incontrato il sindaco Roberto Dipiazza per illustrargli l’idea. E spunta qui un altro nome conosciuto in città: si tratta del tennista triestino Leo Bassi, ora manager e volto pubblico della “Città dello sport”, che dopo l’abbandono di Villorba ha deciso di scommettere sulla propria città. «Mi considero un triestino di ritorno», spiega.
Il progetto è balzato agli onori delle cronache nel luglio del 2017, quando dal sindaco di Villorba e da Mauro Benetton venne appunto la proposta di realizzare un’area multidisciplinare nella zona industriale in disuso della cittadina veneta. Bassi fu da subito incaricato di dare un volto al progetto. Ex procuratore di Pete Sampras e Marc Girardelli, già uomo d’azienda Benetton, Sergio Tacchini e Fila, il triestino continua a fare da portabandiera dopo che l’ipotesi Villorba è venuta meno a causa, come si è detto, del rifiuto di uno dei privati di vendere la sua proprietà. Spiega Bassi: «Io sono triestino ma da molti anni vivo a Treviso. In questo momento però Trieste vive una fase di risveglio, e penso che il nostro progetto sia in sintonia con questo processo». È della stessa opinione anche il sindaco Dipiazza, che nei giorni scorsi ha indicato a Bassi la possibile destinazione: il terrapieno di Barcola e la parte finale del Porto vecchio, quella designata dalle linee direttive come area “ludico-sportiva”. Al Comune Bassi ha presentato un memorandum in cui si spiega lo spirito del progetto. Questa la definizione presentata: «La Città dello Sport è un progetto di riqualificazione urbana, sia che si tratti di aree dismesse sia di aree non utilizzate e da edificare parzialmente. Il progetto prevede la creazione di un parco sportivo multidisciplinare, utilizzando e allestendo aree esterne già esistenti. Sono esclusi interventi invasivi. Le demolizioni, ove necessarie per il progetto, saranno limitate al minimo indispensabile. Per quanto possibile, si utilizzeranno materiali ecosostenibili». Aggiunge Bassi: «L’idea è un luogo dove gli abitanti del territorio e i turisti possano fare attività fisica in strutture all’avanguardia. Il principio alla base è che, se lo sport fa bene a tutti, nessuno deve sentirsi obbligato a diventare un campione».
Il modello si rifà al “Fico”, ovvero il maxi-centro commerciale agroalimentare di Oscar Farinetti in Emilia Romagna. Al posto del cibo, gli sport: una serie di impianti sportivi di ogni tipo, tutti accessibili con un unico biglietto d’ingresso il cui prezzo è commisurato al tempo di permanenza. Spazi per pattinaggio, basket, pallavolo e beach volley e per le varie discipline ginniche, pareti da arrampicata e palestre sono i principali ingredienti che dovrebbero comporre la cittadella. «Sono previsti anche spazi per i disabili e per gli sport dei giovani, come skate e parkour, che spesso non hanno un luogo sicuro e ben attrezzato per praticare le loro attività». Precisa ancora Bassi: «Non ci saranno invece calcio e rugby, un po’ per una questione di spazi, un po’ perché non intendiamo entrare in contrasto con le realtà già presenti in città».
Un’attitudine che, assicura il manager, si rivolge anche alle tante e storiche realtà dell’associazionismo sportivo triestino: «Anzi, una delle nostre idee è collocare uno sportello all’interno della cittadella allo scopo di dare assistenza alle associazioni del territorio». Ma, sempre sulla scia di “Fico”, l’idea è anche dare uno spazio e una vetrina alle aziende che producono attrezzatura sportiva: «Sono centinaia in tutto il Triveneto, alcune lavorano anche a livello internazionale, la Città dello sport potrebbe diventare la loro casa». Ma con che soldi realizzare un’opera simile? «Presto per parlare di un piano finanziario, siamo in una fase esplorativa. Però la base verrebbe dalle aziende che abbiamo già coinvolto e da fondi di investimento». —
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