«È stato giusto non farci umiliare»

«Vediamo cosa ci diranno oggi. Abbiamo presentato la domanda l’altra settimana: abbiamo chiesto di sposarci il 4 marzo in piazza Unità, nella sala Matrimoni». Davide Zotti, dirigente di Arcigay, è pronto a convolare a nozze con Claudio Bertocchi, ed è sorpreso: «Non credo alle mie orecchie» spiega, reduce da una seduta dal dentista. «Il nostro avvocato ci aveva avvisato che se ci dicevano di no andavamo al Tar con la banda». A questo punto, visto il ravvedimento del sindaco Roberto Dipiazza, non serve più. Il 2 marzo, tra l’altro, cade l’anniversario della sua relazione. «Saranno vent’anni che stiamo assieme. Sarebbe fantastico festeggiarlo in piazza Unità», racconta.
È da mesi che va avanti il braccio di ferro con l’amministrazione comunale di Dipiazza. «Il Comune di Trieste persevera nella sua politica di apartheid ai danni delle persone omosessuali, individuando la sala Caprin nel castello di San Giusto per le sole coppie eterosessuali che intendono sposarsi» aveva dichiarato il 10 gennaio scorso. E ora questo imprevisto disgelo. «La nostra piccola lotta di resistenza a non voler farci umiliare alla fine ha pagato. Ci ha dato ragione. Era chiaro che era solo una posizione ideologica quella della giunta. Diciamo che hanno imparato la lezione» sorride Zotti.
«Credo sia un’ottima notizia. Un grandissimo risultato se loro non discriminano più le coppie omosessuali da quelle eterosessuali, concedono la sala matrimoni e la delega all’Ufficio di stato civile. Gli va dato merito, anche se per questo c’è voluto il Tar della Lombardia» commenta Roberto Bonora che attende di sposarsi con Valdi D’Odorico. «A questo punto, se non ci sono più ostacoli, ripresentiamo la domanda. Abbiamo intenzione di celebrare le nozze sabato 3 giugno nella sala Matrimoni di piazza Unità d’Italia. Ma il problema era non essere discriminati, non essere trattati diversamente dagli altri cittadini. Ora potremmo anche farlo nel giardino di casa mia» aggiunge Bonora. Le alternative non mancano. Ora non c’è più solo la sala Matrimoni di piazza Unità. Da gennaio il Comune di Trieste ha messo a disposizione anche la sala Caprin del castello di San Giusto. E in futuro, quando saranno terminati i lavori di restauro, ci saranno anche le serre di villa Revoltella, oltre alla sala del museo Sartorio. Resta da capire se la sala Bobi Bazlen di palazzo Gopcevich, concessa dal Comune per le unioni civili, si aprirà anche ai matrimoni civili. A Trieste ci sarà l’imbarazzo della scelta per sposarsi.
«Bene, abbiamo risparmiato dei soldi pubblici. Era irragionevole (e mi contengo) la decisione della giunta» si limita ad affermare Antonella Nicosia, responsabile di Arcigay Trieste. Resta la figuraccia planetaria fatta dalla città. «Dipiazza è costretto a ingoiarsi la sceneggiata di questi mesi sulla sala Matrimoni. Resta la figura penosa che questa giunta di incompetenti e ultracattolici» commenta Federico Buttò del Comitato Articolo 3 Possibile. Non male per un sindaco che solo qualche mese in televisione, sul tema delle unioni civili, aveva apostrofato il conduttore: «Tu sei normale, non sei gay!».
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