E nell’attesa Palazzo Carciotti va a pezzi
Mentre si discute del futuro si sbriciola la statua di Apollo e dalla cupola filtra la pioggia
di Gabriella Ziani
di Gabriella Ziani
Il vento delle tempeste meteorologiche e forse anche quello delle discussioni che stanno investendo da tempo palazzo Carciotti hanno incrinato l’anima di Apollo, una delle sei statue in marmo che ornano la facciata principale verso le rive del nobilissimo palazzo neoclassico, costruito tra 1799 e 1805, destinato adesso a diventare palacongressi e museo, ma nel frattempo in tale degrado da avere l’acqua piovana che penetra dal tetto.
L’altra sera alcuni detriti caduti in terra, un immediato transennamento. Ieri mattina il sopralluogo del servizio Lavori pubblici e dell’assessore Franco Bandelli. Da cui la pessima sorpresa: non un cornicione fradicio, ma una delle statue realizzate dall’allievo di Antonio Canova, Antonio Bosa (1777-1845) si era inclinata verso la strada di almeno 15 gradi. Ha ceduto l’anima in ferro della penultima figura guardando da sinistra verso destra. Un pericoloso atteggiamento di caduta del dio simbolo dell’armonia e dell’ordine. «Che sia un segno del destino?» esclama Bandelli che da questo episodio prende spunto non solo per immediati interventi (Apollo sarà subito rimosso e andrà in ristrutturazione con l’accordo della Soprintendenza) ma per un lungo, forte e politico appello a non perder tempo sulla via del megaprogetto di risanamento e riuso di questa preziosa proprietà comunale.
«Il tetto, anche nella cupola, è pieno di infiltrazioni, entra la pioggia - dice l’assessore -, in quest’ultimo mese abbiamo fatto continui monitoraggi, a lungo andare le travi in legno potrebbero marcire, abbiamo deciso dopo questo incidente e un sopralluogo più accurato di fare subito alcuni interventi-tampone».
Non di più. Perché qui sta il punto: «Per lavori di più decisiva portata non possiamo spendere senza avere certezza del futuro del palazzo - afferma Bandelli con fervore -, io sposo appieno la tesi del presidente della Fondazione CRTrieste, Massimo Paniccia, e dico che è vero, in questa città bisogna pensare in grande, e pensare subito al Carciotti, anche se il Parco del mare va fatto certamente, sulle rive o su qualunque altra idonea sede si individui. Ma al sindaco e a Paoletti dico: il Parco del mare non deve essere motivo di contrapposizione al Carciotti».
Nel 2006, ricorda Bandelli (e rivolta invece in accusa il sindacato degli enti locali Cisas-Fisael), lo stesso neoassessore presentò una delibera per il rifacimento del tetto, prefigurando una spesa di 800 mila euro. Delibera mai finanziata. Poco dopo entrò nel dibattito cittadino la proposta di Francesco Cervesi per trasformare il Carciotti in palacongressi. Un dibattito lungo ma non inerte, conclusosi con il parere positivo della Soprintendenza, che si è impegnata anche a reperire una parte dei fondi al ministero dei Beni culturali, considerato che la parte cosiddetta «museale» del palazzo dovrebbe ospitare la galleria d’arte antica. A questo punto però il processo si è fermato sulla cruciale domanda: chi, dopo il ministero, pagherà il resto? La Fondazione CRTrieste che già si è accollata il Magazzino vini? Il sindaco Dipiazza ha messo in campo la prudenza: soldi e uffici (ed egli stesso nel tempo residuo del suo mandato) non possono contenere anche azioni dirette sul Carciotti. Solo un consentimento sull’idea.
«Mai più sono in disaccordo col sindaco - sottolinea Bandelli, reduce da litigate politiche in giunta dalle quali è uscito con la discreta ma esplicita protezione di Dipiazza -, però mi appello alla città, all’opinione pubblica, alla Regione: acceleriamo, mettiamo la terza marcia, troviamo subito i fondi almeno per la progettazione definitiva, il Carciotti non deve costituire un problema per il Comune, ma un obiettivo. Io feci allora quella delibera solo per mettere le mani avanti, affinché nessuno potesse poi affermare ”non sapevo delle condizioni precarie del Carciotti”, ma adesso non voglio fare il tetto intero e impegnare soldi pubblici senza sapere quale sarà la soluzione finale, la copertura è parte integrante del progetto».
Curiosamente, anche la Cisas-Fisael, che già ampiamente protesta per le disadorne condizioni degli uffici ospitati al Carciotti e per la persistenza di barriere architettoniche, alla notizia dell’Apollo cadente («si muove l’angelo» scrive il sindacato) trova la stessa battuta dell’assessore: «Che sia un segnale?». In piedi (ma col marmo sfarinato dal tempo e dalle intemperie) sono rimaste le statue di Portenus, guardiano del porto, di Thyke, protettrice di naviganti e commercianti, di Atena, protettrice della tessitura, di Fama, dispensatrice di notizie buone e cattive, di Abundantia, che allude al lusso dei commercianti. Chi vuol divinare, può farlo.
Argomenti:palazzo carciotti
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