E' morto Giorgio Budicin, il goriziano ingiustamente accusato della Strage di Peteano

Viveva in Colombia dove aveva aperto un ristorante con la moglie. Aveva 72 anni e le sue ceneri verranno portate nella tomba di famiglia 
Giorgio Budicin con la moglie Nory nel loro ristorante a Medellin
Giorgio Budicin con la moglie Nory nel loro ristorante a Medellin

GORIZIA Della Strage di Peteano non parlava mai. Nemmeno con la moglie. Ingiustamente arrestato e processato per l’attentato terroristico del 31 maggio 1972 in cui persero la vita tre carabinieri della Compagnia di Gradisca d’Isonzo, per lasciarsi davvero tutto alle spalle, il goriziano Giorgio Budicin aveva dovuto lasciare anche l’Italia. Si era trasferito in Colombia, paese natale della moglie Nory, dove a Medellín aveva aperto un ristorante di cucina italiana.

La coppia si era conosciuta nel 1991 a Verona, città dove allora Budicin viveva. Dopo che gli era stato diagnosticato un tumore alla gola, sognava di tornare a casa un’ultima volta. Non ce l’ha fatta. È morto prima. Aveva 72 anni e ora la famiglia aspetta di poter rimpatriare almeno le sue ceneri, ma per farlo riposare nella tomba di famiglia ci vorrà ancora del tempo. La pandemia e la burocrazia rendono tutto più difficile. La stessa notizia del suo decesso, avvenuto l’11 gennaio, è arrivata a Gorizia con oltre due mesi di ritardo.

L’ultima volta era rientrato proprio per dare l’addio a sua madre. Lei, nel corso di tutta la vita, aveva tentato di ottenere giustizia e un risarcimento per quella detenzione che il figlio aveva dovuto subire insieme ad altri cinque goriziani. Tutti erano poi risultati estranei ai fatti, intanto però l’ombra delle accuse li aveva segnati irrimediabilmente. Con Budicin vennero arrestati Romano Resen, Enzo Budin, Maria Mezzorana, Furio Larocca e Gianni Mezzorana. L’accusa era quella di aver imbottito di tritolo la 500 esplosa alle porte di Sagrado uccidendo il brigadiere Antonio Ferraro e i carabinieri Donato Poveromo e Franco Dongiovanni. Alla fine, dopo dieci anni di processi, furono tutti completamente prosciolti. Pagarono, invece, con una condanna per depistaggio, due ufficiali dell’Arma: il colonnello Dino Mingarelli e il capitano Antonino Chirico.

Nonostante il proscioglimento dei giudici, quell’episodio ha continuato a perseguitare tutti i suoi protagonisti anche dopo. I familiari di Budicin ricordano che a distanza di anni, ancora succedeva che Giorgio venisse prelevato all’improvviso dalle forze dell’ordine e portato in caserma per poi essere rilasciato soltanto diverse ore più tardi.

Conosciuta la moglie, aveva quindi deciso di trasferirsi in Sudamerica. Inizialmente si era dedicato al commercio di antichità, poi, 11 anni fa, aveva deciso di avviare il ristorante di famiglia. «Sapevo di Peteano, però in 28 anni non me ne ha mai parlato», ricorda oggi Nory che in questi momenti di difficoltà non può contare neppure sul sostegno psicologico della figlia Elisabetta, che si trova per lavoro a Dubai. È bloccata dalla pandemia negli Emirati Arabi e non sa quando potrà lasciarli. «Forse potrà venire via in aprile. Fino ad allora non potremo portarlo in Italia».

Budicin aveva vinto il cancro una prima volta 29 anni fa, ma questa volta non ce l’ha fatta. Era stato operato a settembre, ma a dicembre la situazione è peggiorata fino a precipitare definitivamente. «È sempre stato un gran signore, una persona responsabile e molto allegra, ma ultimamente il suo pensiero era solo uno: quello di tornare in Italia dove i medici avrebbero potuto seguirlo meglio», conclude Nory. —

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