E le analisi prevedono un indotto di quaranta milioni di euro

Ad An l’idea del Carciotti palacongressi piace molto: la lanciò lo scorso febbraio (e prima ancora lo aveva fatto il forzista Bruno Marini), quando poi a maggio lo Studio Cervesi ha prodotto - autonomamente - il proprio progetto, quell’idea si è rafforzata.


Gli alleati di Forza Italia, così come lo stesso sindaco Dipiazza, continuano a frenare paventando timori soprattutto sulla sostenibilità della gestione economica del nuovo palacongressi? Ieri l’assessore aennino ai lavori pubblici Franco Bandelli ha calato il suo asso in conferenza stampa, a sorpresa («anche nostra», precisa ruvido l’assessore forzista Paolo Rovis, «visto che nessuno di noi aveva mai visto alcunché»): una bozza di studio di fattibilità economica da cui si ricava - ha detto Bandelli - che «la rendita annua media di un centro congressi va dai due milioni e mezzo ai quattro e mezzo».


In effetti, l’analisi osserva che l’avvio di un centro congressi in una località «di interesse medio-alto sia dal punto di vista economico che culturale, nonché da un contesto con centri di ricerca scientifica, favorita dalla localizzazione strategica per gli spostamenti, potrebbe rivelarsi un investimento interessante». Ipotizzando una struttura di circa dieci mila metri quadri - grossomodo quale potrebbe essere appunto quella del rinnovato Carciotti - la realizzazione di un mix corretto tra le superfici prettamente congressuali e quelle collaterali come ristorazione, terziario e altri spazi (previsti nel progetto Carciotti) può portare a prevedere un’incidenza percentuale del reddito operativo sul fatturato che si attesta tra il 5 e il 15% dei ricavi. E per diecimila metri quadri si può ipotizzare «un fatturato mediamente di circa 25-30 milioni di euro», con un indotto generato «di circa 40 milioni di euro».


Lo studio fornisce una serie di dati che inquadrano l’andamento del settore congressuale in Italia. Nel 2006 si è registrata una flessione di incontri pari al 3,49% rispetto al 2005, con un -6,83% di partecipanti; il periodo 2003-2006 fa registrare però un aumento globale di eventi dell’8,81%, con un numero di partecipanti salito dai 16 milioni 68 mila del 2003 ai 19 milioni 246 mila del 2006 (la punta di oltre 20 milioni è stata raggiunta nel 2005).


A fronte di una flessione del mercato nazionale poi lo studio registra in controtendenza un aumento di eventi internazionali, con il 2,13% in più rispetto al 2005. Del resto se le mète dei congressi vengono selezionate solitamente sulla base di due fattori, attrezzature adeguate e contesto ambientale e urbano di qualità, l’Italia - si legge nel documento - «presenta contesti urbani e ambientali ricchi di fascino in grado di generare forte appeal a livello internazionale, ma il più delle volte non si hanno strutture adeguate a ospitare meeting e convegni di ampia rilevanza internazionale».


L’indagine conferma inoltre come i centri specializzati - i palacongressi appunto - ospitano incontri più grandi e più lunghi: «pesano» poco quali sedi di eventi (l’1,24% contro l’83,17% ospitati negli alberghi), ma la loro incidenza cresce progressivamente se si parla di partecipanti (l’8,73% del totale), di presenze (20,62%) e numero di pernottamenti (il 26,1% del totale).

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