E il viaggiatore Yriarte arrivò a Trieste, che viveva di corsa
di Alessandro Mezzena Lona
L’Europa l’aveva girata come fosse il giardino di casa. Spingendosi fino al Nord dell’Africa, al Marocco. Eppure, quando arrivò a Trieste nel 1874, il giornalista francese Charles Yriarte s’era trovato dentro un microcosmo vivacissimo, interessante. Con poco più di centomila abitanti, la città sprizzava un’energia pirotecnica. Sempre in movimento, coinvolta in giri d’affari che solcavano i mari, dava l’impressione di essere un colossale banco di commercio. Un emporio, con porto annesso, di cui l’Impero austroungarico poteva andare fiero.
Nato a Parigi nel 1832, autore di reportage, con annessi disegni, che raccontavano con grande felicità narrativa, e precisione da osservatore attento, gli angoli meno noti d’Europa, in seguito promosso redattore capo de “Le Monde illustré”, Yriarte iniziò a collaborare con Emilio Treves già nel 1875. E non a caso. L’editore, nato a Trieste nel 1834 da famiglia di origine piemontese, e che in città aveva trascorso gli anni della giovinezza, si era innamorato subito di quel racconto di viaggio che spaziava tra il territorio triestino e l’Istria. E molti altri ne avrebbe, poi, proposti: da Venezia fino a spingersi al Quarnero, alla Dalmazia, al Montenegro.
Libri e reportage che, a onor del vero, da molto tempo finivano per essere ricordati solo da chi si occupa della letteratura odeporica, di viaggio. Ma che, adesso, ritornano di attualità grazie a una nuovissima collana varata dalle Edizioni Biblioteca dell’Immagine di Pordenone. Il primo volume è pronto. Si intitola semplicemente “Trieste” (pagg. 79, euro 8,80), la firma è quella, italianizzata come si usava allora, di Carlo Yriarte. Ed è solo il primo assaggio di “In giro per il mondo”, che proporrà prossimamente, nel formato bilingue italiano-tedesco, “Venezia, “Il Quarnero e le sue Isole” , “L’Istria”, “La Dalmazia”, “Il Montenegro”.
Il progetto della Biblioteca dell’Immagine ha qualcosa in sé di magico. Perché l’editore Giovanni Santarossa ha ritrovato, in un magazzino abbandonato di via Sempione a Milano, un piccolo tesoro. «Nella sede di una vecchia tipografia - racconta - umidità, sporcizia, ragnatele e due piccole macchine tipografiche Nebiolo giacevano lì da chissà quanto tempo». Ma il tesoro non era quello. Stava nascosto dentro una stanza. «Migliaia e migliaia di disegni in casse e allegati migliaia e migliaia di fogli stampa della fine dell’Ottocento. Un grande e quasi inesauribile patrimonio storico».
Abbandonato lì c’era il “Giro del mondo” stampato dai fratelli Treves tra il 1864 e il 1880. Centinaia e centinaia di resoconti di viaggio che, ancora oggi, conservano immutato il loro fascino. Santarossa ha pensato subito di far rivivere le parole, le tavole disegnate, in una collana di libri che costruisse un ponte tra il passato e il presente. E “Trieste”, con uno sguardo sul Friuli Venezia Giulia e sull’Istria, è diventato il punto di partenza naturale.
«Le strade sono piene di vita, animatissime; le piazze ingombre, e il viavai incessante; si sente che il tempo è denaro e in quest’atmosfera e sotto questo cielo italiano, quest’attività del Nord e quest’agitazione inquieta, colpiscono vivamente lo straniero». Sembra di tenere in mano la pubblicazione originale di Treves, leggendo la descrizione che Yriarte dà di Trieste. E lo scrittore di reportage non esita a tratteggiare un’immagine della città, che dopo il passaggio di Napoleone è tornata sotto l’ala protettrice dell’Impero austroungarico, nitida ed efficace. Dove la gente non si attarda per le strade, temendo di perdere affari importanti. Dove il Tergesteo pullula di notizie dal mondo, di dispacci urgenti, di proposte per l’acquisto e la vendita di merci.
Yriarte non può non farsi trascinare nel clima frenetico della Trieste che scopre nel 1874. Dove gli italiani si sentono a casa loro, i tedeschi comandano e gli slavi si fanno forza delle attività indispensabili alla città. Perfettamente in armonia, senza distinzioni di lingua, razza o religione. Tutti lavorano per un progetto comune: il benessere della città.
Splendide da leggere sono le pagine sui Cici, che trattano le donne come fossero schiave, sulle belle contadine servolane, sul sogno impossibile di Massimiliano a Miramar, sulla scoperta dell’appartata e graziosa Muggia. Mille storie, mille suggestioni fanno di questo libro un gioiello di carta. Una piccola, potentissima macchina del tempo.
alemezlo
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