È guerra anche ai finti poveri Dipiazza apre gli archivi Isee

La finanza potrà consultare i database comunali e terrà dei corsi di formazione ai funzionari di piazza Unità. In 12 mesi 100mila euro di sussidi finiti ai furbetti
Di Piero Rauber

Un archivio di oltre 35mila fascicoli che fotografano sotto forma di Isee quello che dovrebbe essere, ma non sempre è, lo stato di salute economica - fra redditi, debiti e proprietà in rapporto al numero dei componenti - di altrettante famiglie triestine. Tra le tonnellate di carte custodite in Municipio c’è una miniera di informazioni che, se trattate con i guanti, possono contribuire a stanare - in particolare per mano della guardia di finanza - l’odiosissima categoria dei finti poveri. Una categoria che negli ultimi dodici mesi, secondo le iregolarità fatte venire a galla dalla stessa finanza con gli uffici comunali fra ottobre 2015 e settembre 2016, s’è messa indebitamente in tasca almeno centomila euro se ci limitiamo alle sole “prestazioni sociali agevolate” tra contributi, sussidi e agevolazioni comunali sulle rette di nidi, mense scolastiche e case di riposo e più in generale sull’assistenza sociale. Una categoria sempre più odiosa adesso, in un’epoca in cui la crisi miete nuovi poveri, di quelli veri, ai quali chi non ne ha diritto toglie contributi vitali come l’aria. Ebbene, il Palazzo apre ora sistematicamente questo suo archivio agli investigatori delle Fiamme gialle in ossequio a un protocollo d’intesa battezzato “Prestazioni sociali agevolate: contrasto ai finti poveri”. È stato firmato simbolicamente ieri in piazza Unità davanti a giornalisti, fotografi e operatori tv dal generale Giovanni Padula, comandante provinciale della guardia di finanza, e dal sindaco Roberto Dipiazza, scortato dai fedelissimi Giorgio Rossi e Carlo Grilli ovvero dagli assessori al Bilancio e al Welfare, le due deleghe più coinvolte nell’operazione, e dal capo della Ragioneria comunale Vincenzo Di Maggio.

Lo scambio di dati fra il Comune e le Fiamme gialle non è in realtà una primizia. Ci aveva pensato già lo stesso Dipiazza prima del 2011. Poi Roberto Cosolini aveva provato a macinarne di più, specie dopo che, nel 2013, era scoppiata la grana delle false dichiarazioni per i contributi sugli affitti: allora, da più accurati controlli che avevano interessato anche la Procura, una su tre si era rivelata posticcia, il che aveva imposto per un periodo il congelamento dei fondi regionali, anche a chi ne aveva bisogno per davvero. Ma è la prima volta che fra l’amministrazione cittadina e la polizia economica dello Stato si struttura un patto che supera la filosofia dell’occasionalità e che prevede, fra le altre cose, anche dei corsi di formazione antievasori che i finanzieri terranno ai funzionari della Ragioneria comunale, affinché questi ultimi siano preparati a preselezionare all’occorrenza le dichiarazioni Isee compilate da dei possibili “furbetti”. Il protocollo insomma è un “do ut des” che si sostanzia nella possibilità, da parte delle Fiamme gialle, di attingere potenzialmente ad oltre 35mila Isee (ché tanti sono i nuclei familiari che ogni anno fanno richiesta di contributo comunale) da incrociare eventualmente con le dichiarazioni dei redditi, mentre il Comune può preconizzare di poter evitare sprechi di risorse “dedicate” in una misura ben superiore a quei centomila euro dirottati con l’inganno dai finti poveri nell’ultimo anno, perseguendo il principio su cui si fondano coesione e giustizia sociale.

«Questa è una città d’eccellenza in fatto di erogazioni sociali in favore delle fasce più deboli», ha osservato il generale Padula ricordando, come si legge in un apposito comunicato diffuso da Municipio e Fiamme gialle, che il Comune di Trieste è al primo posto in Italia per spesa sociale pro-capite e per la spesa per i nidi e al sesto per la spesa per servizi legati all’istruzione come mense e trasporti. E proprio per questo, ha aggiunto il comandante della finanza, lo stesso Comune è in possesso di un patrimonio «straordinario» di informazioni utili a combattere «l’iniquità sociale» e a far rientrare nelle casse dell’erario ciò che in una prima battuta era sfuggito ai suoi radar. È il caso, tra gli altri, oltre ai 25 esenti ticket che non lo dovevano essere, della falsa nullatenente triestina scoperta clamorosamente a fine estate: viveva in una casa Ater e non aveva dichiarato averi e conti correnti per quasi un milione e mezzo. Dipiazza si è detto «convinto che la guardia di finanza farà un ottimo lavoro affinché le risorse vadano alle persone meno abbienti e non a quelle più furbe», mentre Rossi ha promesso che, «dato il momento critico attraversato oggi da molte famiglie, lavoreremo in questa fase di bilancio per ampliare tali risorse».

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