È braccio di ferro tra cliniche e Asugi sulle cure a pazienti da fuori regione
Saranno i giudici del Tar e del Tribunale di Trieste a stabilire chi, tra strutture sanitarie convenzionate e Asugi, vincerà il braccio di ferro sui rimborsi delle spese sostenute dal 2018 a oggi per assicurare ricoveri, operazioni e cure a pazienti provenienti da fuori regione sottoposti a interventi ad alta complessità. Una partita che vale circa 800 mila euro: soldi reclamati da Sanatorio Triestino e Policlinico Triestino spa, proprietaria della Salus, e negati finora dall’Azienda sanitaria.
Per capire come si sia arrivati a questo punto occorre fare un passo indietro al periodo 2011-2012. In quegli anni l’allora governo Monti, per far fronte alle difficoltà economiche dello Stato, decise di applicare una spending review molto rigida con il taglio fino al 3% delle quote prima rimborsate dalla sanità pubblica ai centri privati rispettivamente per i ricoveri e i servizi ambulatoriali. Venne anche stabilito un tetto massimo di spesa nel ricorso ai convenzionati. Una prassi considerata attuabile da parte del Consiglio di Stato alla luce della necessità del contenimento della spesa pubblica. Da quel momento si susseguirono i governi e gli interventi normativi con, nel 2015, un nuovo emendamento nella legge Finanziaria nel quale si prese atto di una serie di accordi stipulati tra Stato e Regioni e tra singoli territori, che portarono ad identificare soluzioni diverse da parte di ogni amministrazione. Ogni Azienda sanitaria, in sostanza, oggi stabilisce un tetto di spesa annuo destinato alle strutture private accreditate sulla base delle indicazioni della rispettiva Regione. In quella cifra rientrano, oltre alle spese sostenute per i residenti, anche i costi per le prestazioni dei pazienti proveniente dal resto d’Italia. Questi importi vengono poi girati alle Aziende di competenza. In pratica se una persona di Treviso si opera a Trieste, il costo del suo intervento viene pagato da Asugi e poi successivamente girato per il rimborso al Veneto.
Dal 2018 c’è stata però una serie di avvicendamenti ai vertici della Direzione centrale della salute della Regione Friuli Venezia Giulia e il nuovo management ha deciso di interpretare le disposizioni nazionali in maniera diversa: la soglia di spesa del rimborso erogato alle strutture convenzionate per i pazienti da fuori regione va calcolata includendo anche gli interventi classificati ad alta complessità e prima esclusi dal tetto massimo. Questo significa, a partire dal 2018, il blocco del pagamento di fatture per oltre 800 mila euro tra Sanatorio Triestino e Policlinico Triestino spa. Una cifra paradossalmente contenuta rispetto ad altre realtà, ad esempio nell’Azienda sanitaria Friuli occidentale in ballo ci sono oltre tre milioni di euro.
Analoghe situazioni, con relativi ricorsi, si stanno registrando anche in molte altre parti d’Italia con diverse strategie messe in campo dai privati. Il Sanatorio, per esempio, ha optato per un ricorso al Tribunale civile con un decreto ingiuntivo notificato ad Asugi il 22 maggio 2020 per un importo di 568 mila euro contro il quale l’Azienda resisterà. Il Policlinico Triestino spa invece ha preferito puntare su un ricorso al Tar nel quale viene anche citata la Regione e l’autonomia del Friuli Venezia Giulia. La tesi dei privati è legata agli accordi economici sottoscritti, nei quali i rimborsi delle convenzioni sono indicati chiaramente e l’alta complessità è esclusa dai budget. Asugi, dal canto suo, replica di avere le mani legate dal momento che il tetto massimo è stato stabilito dalla Direzione centrale salute.
Come detto le cifre in questione non sono così elevate da mettere rischio i bilanci delle due cliniche, ma la partita in sè è di peso e va risolta. Di qui la scelta del ricorso al Tribunale per fare una volta per tutte chiarezza su una vicenda destinata inevitabilmente . —
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