Duke, stop alla produzione Sessanta in cassa a zero ore
Senza più un goccio di liquore. Leggi Stock. E adesso pure con la salsiccia sullo stomaco. Leggi Duke. Una Duke prossima - con ogni probabilità a partire dal 16 luglio, cioè fra una settimana - alla sospensione delle attività di produzione e vendita per gravi problemi di liquidità, in attesa di tempi migliori. Intanto la sessantina di dipendenti già si prepara a un anno di cassa integrazione straordinaria a zero ore.
La crisi si fa sempre più indigesta, insomma, per l’apparato economico e occupazionale triestino. E mentre il quadro clinico si aggrava, si fa disperato anche lo stato d’animo. Ora, tra le vittime di questa crisi, si ritrovano infatti pure i marchi storici in cui era abituata a specchiarsi e a riconoscersi la città. Non più tardi del 29 giugno il fondo americano Oak Tree ha staccato la spina alla Stock di via Caboto, celebrando la fine di un impero durato 128 anni e destinato adesso alla più totale delocalizzazione a Est. Trenta posti di lavoro persi - a meno di improbabili ma non ancora impossibili acquisizioni in extremis - e altrettanti stipendi salvati, e solo per il momento, con gli ammortizzatori sociali.
Ma siccome le brutte notizie non vengono mai da sole, è di queste ore la novità che parla non proprio di una chiusura per sempre ma di un fermo temporaneo che coinvolgerebbe il doppio dei lavoratori. È il fermo che interesserà a breve, come detto, lo stabilimento di via Muggia del salumificio Duke Grandi Marche. Una Spa dai 46 anni di storia nominale ma che, di fatto, è tra i primi testimoni, con altre “case” locali, di una storia ben più antica: la tradizione del cotto caldo col kren. Un periodaccio, dunque, per le bandiere del mangiare (e bere) triestino.
Se però, nel caso della Stock, si è trattato appunto di vera e propria sentenza di morte, qui siamo davanti alla scelta - da parte della proprietà, che non è un fondo d’investimenti impersonale bensì un imprenditore in carne e ossa, Francesco Prioglio - di indurre nel paziente uno stato di coma per tentare di guarirlo. Come? Andando ad esempio a caccia di un nuovo socio, o convincendolo a fare il grande passo, semmai fosse già stato individuato quello giusto. Già, perché qui la grana - confermano i sindacati, il professionista incaricato dalla proprietà nonché i rappresentanti istituzionali coinvolti - non è di natura industriale, produttiva, ma solo finanziaria. Di soldi, e per giunta cash. Liquidità immediata. Colpa di una congiunzione nefasta data dalla stretta delle banche sui fidi concessi e concedibili, e dalla concomitante insolvenza, roba di milioni di euro, di alcuni grandi clienti (perché la Duke non vende solo a famiglie e “grigliatisti” affezionati) tra cui un paio di grossisti del Sud, che sono proprio fallite. La classica crisi che chiama, e genera, crisi. Di conseguenza, la Duke - pur restando a galla con gli ordini - non ha i denari sufficienti per comprare le materie prime (i maiali, in particolare da Olanda e Belgio), per poter fare i propri prodotti (i salumi) e dunque vendere e rientrare negli investimenti.
La decisione di ripiegare sui paracadute sociali è maturata nell’ultima settimana. Mercoledì Prioglio, con i suoi, ha bussato alla porta dell’assessorato regionale al Lavoro, che ha il gramo compito istituzionale di certificare le crisi spedendo poi gli incartamenti a Roma. Venerdì, all’ora di pranzo, nell’ufficio del consulente del lavoro Mario Costa, in rappresentanza della Duke, si sono quindi presentati i delegati sindacali di Cgil e Uil, le due sigle presenti nello stabilimento, per firmare l’accordo che prevede appunto un anno di “cassa” per tutti i dipendenti, richiamabili ovviamente in massa non appena la situazione dovesse sbloccarsi (in positivo) o anche alla spicciolata, qualora servissero tre, quattro amministrativi in ufficio per fare fatture, parlare con nuovi clienti o recuperare vecchi crediti. Un lavoro di minima, di pura contabilità e non di produzione e vendita. Ma essenziale - se lo augurano tutti - per far ripartire pure quelle.
Ora l’ultimo passaggio formale: la richiesta all’assessorato regionale, che dovrebbe avvenire nelle prossime ore. Dal 16 luglio ovvero dal primo lunedì successivo, stando alle tempistiche di prassi, dovrebbe scattare la “cassa” da una parte e lo stop delle attività dall’altra.
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