Due bombe inesplose davanti al porto di Monfalcone

Ordigni di 100 anni fa rinvenuti durante i sondaggi per gli scavi dei mammelloni. Ora sono in Colmata in attesa del brillamento

MONFALCONE Sono stati rinvenuti all’altezza dell’accosto 7, ad una sessantina di metri dalla banchina del porto di Monfalcone. Due ordigni risalenti alla Prima guerra mondiale di dimensioni diverse, tra i 70 e gli 80 centimetri. Giacenti sott’acqua ad una distanza di una quarantina di metri l’uno dall’altro. Reperti bellici inesplosi della tipologia più pericolosa, a caricamento speciale. Il brillamento è tutt’altro che immediato, tanto che ha richiesto una specifica procedura, con il trasferimento degli esplosivi opportunamente “blindati”, in una zona di sicurezza, in cassa di Colmata.

Il rinvenimento è avvenuto nella tarda mattinata di venerdì, quando gli operatori della Ediltecnica, nel corso dell’operazione di bonifica bellica propedeutica, e obbligatoria, ai fini dell’avvio dei lavori di livellamento dei mammelloni, si sono imbattuti dopo diversi mesi di attività, nelle due bombe del Primo Conflitto. È scaturito il relativo protocollo, sotto il coordinamento della Prefettura di Gorizia.

L’impresa specializzata ha comunicato il rinvenimento alla Capitaneria di porto, la quale, a sua volta, s’è interfacciata con la Prefettura. E la Prefettura ha richiesto l’intervento del Raggruppamento subacquei e incursori della Marina militare “COM.SUB.IN.”. Scesi in campo assieme agli uomini del Nucleo di Ancona dello Sdai, il Servizio Difesa Antimezzi Insidiosi sempre della Marina militare, provvidenzialmente già presenti in questi giorni a Grado, alle prese con i lavori di bonifica del trabaccolo della flottiglia impegnata durante la Prima guerra mondiale nell’Operazione Aquadukt, naufragato nel novembre del 1917.

Gli uomini dello Sdai hanno quindi raggiunto il porto di Monfalcone, pronti a procedere con l’immediata fase di esplosione. Ma una volta ripescati, gli specialisti si sono trovati di fronte a mine di tutt’altra portata. Classificate a caricamento speciale. Il loro compito, a quel punto, è stato un altro. Hanno infatti provveduto a inserire i due ordigni all’interno di specifiche casse metalliche chiuse con i relativi lucchetti, per poi depositarle sotto il livello del mare, in Colmata, secondo le rigorose procedure di conservazione. Spetterà ora al Reggimento difesa Nucleare Biologica e Chimica (NBC) “Cremona” eseguire il brillamento in sicurezza.

Nel frattempo, venerdì, la Capitaneria di porto ha disposto l’interdizione alla navigazione dello specchio acqueo antistante la cassa di Colmata, all’altezza dell’ultimo tratto di terra, fino al fanale verde che, unitamente a quello rosso, gestisce l’uscita delle navi lungo il canale di accesso al Porto. Un’interdizione cautelativa, l’ordinanza emessa dalla Capitaneria, in particolare rispetto ai piccoli natanti che sono gli unici a poter transitare lungo quella fascia che è stata sottoposta a divieto. Normalmente infatti le navi non vi transitano, ma è evidente la completa e assoluta necessità di garanzia ai fini della sicurezza.

L’ordinanza, infatti, è esplicita prevedendo il «divieto della navigazione, nonché di ogni attività di superficie e subacquea direttamente o di riflesso connessa all’uso del mare». La corrispondente area a terra, invece, è già interdetta al passaggio in virtù dei lavori di pulizia in corso stabiliti dalla Regione. Tutto venerdì s’è protratto fino alle 15, non senza aver inevitabilmente rallentato i traffici commerciali in porto. Sono pertanto attesi gli specialisti del Nucleo Nbc, al fine di eseguire il brillamento dei due ordigni, completando l’intera procedura. Un’attività, quella della bonifica, pianificata nei minimi dettagli. Lo scorso settembre s’era tenuto un incontro in Prefettura al fine di stabilire le linee guida e le modalità operative. Era stato preventivato pertanto l’intervento dello Sdai e quello degli specialisti dell’Nbc, concordando anche le possibili zone di posizionamento degli eventuali ordigni rinvenuti, tra cui la stessa cassa di Colmata.

Anche l’attività di bonifica degli ordigni bellici è regimentata da una specifica procedura. La ditta incaricata a questa operazione, una volta concluso l’intervento ha il compito di redigere una certificazione attestando il monitoraggio eseguito nel tratto richiesto e fino ad una precisa profondità, a fronte del relativo esito complessivo. Alla Direzione generale dei lavori e del demanio GENIODIFE spetta quindi la verifica dell’attività svolta al fine di chiudere l’intera operazione.

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