Due anni alla De Angelis per bancarotta dell’Unione

L’ex “presidentessa”, allora legata sentimentalmente al patron Aletti (deceduto), condannata per il crac della Triestina. Non era presente al processo
Di Matteo Unterweger
Lasorte Trieste 02/10/11 - Triestina Carrarese, De Angelis in tribuna
Lasorte Trieste 02/10/11 - Triestina Carrarese, De Angelis in tribuna

Non era in aula, neanche ieri. Nell’udienza che ha concluso il processo a suo carico nell’ambito del crac dell’Unione sportiva Triestina Calcio, dichiarata fallita il 25 gennaio del 2012. Cristina De Angelis, ex presidente dell’Alabarda nell’era-Aletti, non ha dunque assistito alla pronuncia della sentenza con cui è stata condannata a due anni di reclusione, con sospensione condizionale della pena, e al pagamento delle spese processuali. Questa la decisione del collegio composto dai giudici Filippo Gulotta, presidente, e a latere Pietro Leanza e Francesco Antoni, i quali hanno riconosciuto all’imputata l’attenuante della tenuità del danno patrimoniale arrecato alle casse dell’Unione. De Angelis, chiamata in causa perché per un periodo all’epoca dei fatti contestati presidente del cda del sodalizio rossoalabardato, è stata dunque riconosciuta colpevole di bancarotta fraudolenta e di aver distratto dal patrimonio della società la somma complessiva di 6.779 euro, tramite pagamenti e prelievi bancomat, per scopi estranei a quelli del sodalizio sportivo.

I giudici, dopo pochi minuti, sono usciti dalla camera di consiglio e hanno letto il dispositivo di condanna (le motivazioni saranno depositate entro il termine di 90 giorni): una pena più pesante di quella chiesta poco prima dall’accusa, cioè un anno e 6 mesi. Dopo la conclusione del pm Federico Frezza, il magistrato titolare dell’inchiesta, aveva preso la parola l’avvocato difensore Mario Conestabo, in aula su delega della collega Adriana Skamperle, legale nominata d’ufficio: Conestabo aveva puntato sull’assoluzione perché il fatto non costituisce reato, rilevando l’assenza di certezze sull’effettuazione di certi pagamenti da parte della propria assistita e inoltre come la movimentazione delle finanze rossoalabardate fosse gestita da Aletti.

A proposito della difesa, De Angelis non ha mai neanche risposto in questi mesi alle comunicazioni inviatele dai legali. Chissà se, quando leggerà la lettera che le riferirà della condanna, alzerà la cornetta e telefonerà agli avvocati. Conestabo, a margine dell’udienza, ha comunque preannunciato l’intenzione di presentare appello.

De Angelis era diventata presidente dell’Unione nel settembre 2011 per volontà dell’allora patron Sergio Aletti, al quale era legata sentimentalmente. Dopo un mese, le frizioni e la rottura fra i due, tensioni sfociate addirittura in una battaglia legale per il controllo del club. Entrambi erano stati poi coinvolti nell’indagine della Procura sul crac della Triestina, inchiesta andata a porre la lente di ingrandimento sulla gestione Fantinel e appunto su quella successiva Aletti-De Angelis. Stefano Fantinel aveva patteggiato la pena (sospesa) di un anno, quattro mesi e 20 giorni per l’accusa di bancarotta fraudolenta. Sergio Aletti, come noto, è stato stroncato da un infarto nel maggio del 2013.

Prima delle conclusioni delle parti e della sentenza, ieri pomeriggio in aula erano stati sentiti due testi. Il primo, un maresciallo della Guardia di finanza che aveva riferito come due pernottamenti contestati a De Angelis (per una spesa di 590 euro) fossero, secondo le informazioni assunte dall’albergo in questione, effettivamente stati pagati dalla stessa. Dopo di lui, un dipendente della banca da cui erano state consegnate le carte pre-pagate con una delle quali quei due pernottamenti erano stati saldati: i contratti con l’istituto bancario li aveva firmati Aletti per conto della Triestina.

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