Doro, ex capocantiere innamorato dello sport
TRIESTE Sessantacinque anni, un fisico invidiabile, atletico e possente. Lo sport come passione. Andava in palestra e si allenava sempre. Quando poteva prendeva l’aereo per concedersi qualche settimana di pace e spensieratezza assieme alla moglie nella baia di Nabq, località turistica non distante da Sharm El Sheik.
Andava in Egitto, lì in quella baia, per inseguire la propria passione, il kitesurfing, che ormai il sessantacinquenne praticava da qualche anno e di cui era piuttosto esperto.
Renato Doro era in pensione da circa otto anni. È stato capocantiere alla Riccesi, la nota società edile triestina. «Sono addolorato, stiamo parlando di un uomo eccezionale - afferma l’imprenditore Donato Riccesi - ricordo Renato con tanto piacere e ricordo benissimo la sua passione per quello sport. Un giorno, quando ormai era già in pensione, mi aveva portato un cd per farmi vedere le foto che lo ritraevano mentre faceva kitesur - si vedeva lui che volava in aria per tre quattro metri. Questa cosa mi era piaciuta un sacco...a oltre sessant’anni fare quello sport e con quella prestanza fisica...beh, è certamente invidiabile. E un po’ di invidia l’ho certamente provata, devo ammetterlo».
Doro era cliente di un negozio di articoli sportivi di viale Miramare, gestito da Cesare Redolfi. «Sì, conoscevo Renato - conferma il titolare del punto vendita - veniva spesso da noi a fare acquisti. Prima faceva windsurf, poi si è dedicato al kitesurf. Ho saputo dell’incidente, che si è rotto l’osso del collo, è pazzesco quanto accaduto. Comunque sì, veniva da noi a prendere l’attrezzatura, era una persona molto esperta, faceva anche i corsi e le esercitazioni a Marina Julia e a Grado. Pur avendo una certa età, era davvero un fanatico di quella pratica sportiva. Mi dispiace tantissimo, era una persona buona. Morire così è drammatico».
Anche l’avvocato Alfredo Antonini, titolare dello studio legale in cui lavora la figlia del signor Renato, Barbara Doro, è a conoscenza dell’accaduto. «Sapevo molto del papà di Barbara, che per me è come una figlia ed è una colonna del mio studio da parecchi anni - osserva l’avvocato - è una famiglia eccezionale, stiamo parlando di persone stupende e di alti principi. Io vivo il loro stesso dolore. Il loro dolore è il mio».
(g.s.)
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