Dopo tre mesi di astinenza il 96% degli spettatori ha fame di tornare a teatro

Dalle 32 mila interviste emerge  la voglia di ricominciare ad assistere a eventi dal vivo anche se il pubblico maturo confessa che attenderà qualche mese
Silvano Trieste 13/02/2017 La platea per il concerto di Art Garfunkel. L'artista non si poteva fotografare! COME DA COMUNICATO STAMPA
Silvano Trieste 13/02/2017 La platea per il concerto di Art Garfunkel. L'artista non si poteva fotografare! COME DA COMUNICATO STAMPA

TRIESTE. «Al 96% del pubblico lo spettacolo dal vivo è mancato ed è mancato molto. Un dato ottimistico da cui ripartire». Francesco Granbassi, presidente del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, parte dalla percentuale bulgara emersa dalla versione italiana della ricerca inglese “After the Interval - Dopo l’intervallo”, svolta fra il 27 maggio e il 19 giugno, che ha riguardato un campione di 32 mila persone. Dopo oltre 120 giorni di astinenza (l’ultimo spettacolo in sala al Rossetti risale al 24 febbraio scorso) c’è voglia di tornare a teatro.

Gli italiani sono risultati più ottimisti rispetto agli inglesi, senza significative differenze fra regioni, attenti a limitare il contagio (e ciò fa temere una flessione al botteghino, soprattutto nei primi mesi di riapertura) ma desiderosi, e molto, di riapplaudire gli spettacoli dal vivo, a partire dai più giovani.

È questo il profilo degli spettatori italiani dopo l’intervallo del Covid-19, che esce dall’indagine statistica promossa dal Rossetti in partnership con la società inglese Indigo e in collaborazione con Assomusica e Agis. Alla ricerca hanno preso parte anche soggetti aderenti a KeepOn Live (l’associazione di categoria Live Club e Festival italiani) e alla neocostituita Atip, l’associazione dei teatri privati italiani.

«Mi sarei aspettato più partecipazione da parte dei teatri pubblici. È il dato un po’ deludente della ricerca», ha commentato in conferenza stampa lo stesso Granbassi. I soggetti che hanno aderito alla ricerca comprendono diverse tipologie di imprese legate allo spettacolo: teatri a iniziativa pubblica, teatri privati, teatri municipali, compagnie e imprese operanti nel mondo degli eventi dal vivo, per una raccolta, nel complesso, di 32 mila risposte.

Tra i teatri che hanno preso parte alla ricerca ci sono i regionali Teatro Nuovo Giovanni da Udine e Teatro comunale Verdi di Pordenone. A livello nazionale ci sono gli stabili del Veneto e di Palermo (Il Biondo).

La ricerca è nata in Inghilterra tre settimane e mezza dopo l’inizio del lockdown, quando tutte le istituzioni culturali del Paese avevano sospeso l’attività. Il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia si è attivato allora per verificare la fattibilità di una ricerca simile in Italia, nella convinzione che conoscere il sentiment del pubblico in un momento tanto delicato e «senza precedenti», potesse offrire un significativo contributo alle scelte operative dei prossimi mesi. La versione italiana della ricerca è stata curata dal direttore organizzativo dello Stabile Stefano Curti con la collaborazione del consigliere di Assomusica e managing director del Live Club di Milano Fulvio De Rosa.

Tutti gli indicatori della ricerca italiana rivelano maggiore positività da parte del pubblico: se si guarda con soddisfazione al 96% di spettatori che dichiarano di aver sentito la mancanza degli eventi dal vivo (il 93% in Inghilterra), è incoraggiante notare come il 30,5% di loro stia già comprando - o pensi di comprare a breve - biglietti per spettacoli (nel Regno Unito lo fa il 17%).

Fra gli spettatori di fascia matura si evidenzia una parte che attenderà a lungo prima di prenotare per nuovi eventi (il 24% attenderà 3-4 mesi, il 18% addirittura fino a sei mesi): un dato che suscita non poca apprensione negli organizzatori e nei teatri, i quali ipotizzano - soprattutto nei primi mesi di riapertura - di poter subire una flessione nella presenza di pubblico pari anche al 20-25%.

«La cultura - spiega il presidente di Assomusica Vincenzo Spera - è l’unica infrastruttura che nessuno, né gli Usa e nè la Cina, possono comperare». Ed è anche l’unica attività d’impresa che non si può delocalizzare. Non resta che tornare in scena. 

 

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