Dopo “infame” c’è “vergogna” sul maxi-manifesto edotto con dizionario della Treccani

la curiosità
Alessandro Caragnano
Quando, un mese fa, per raccontarvi dell’affissione di un cartellone con la scritta “infame” e il relativo significato, avevamo tirato in ballo un parallelismo con la pluripremiata pellicola “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”, non potevamo immaginare che la vicenda non finisse lì. Una vicenda tra un noto professionista e un cliente che probabilmente aveva qualche conto da saldare, sconfinata più per curiosità che per meriti tra le colonne della cronaca locale.
Invece, un mese dopo, ecco spuntare nei pressi del piazzale della Casa Rossa un secondo manifesto, in tutto e per tutto simile a quello di “infame”, ma con il quale i collegamenti appaiono tutt’altro che evidenti. Ma procediamo con ordine. Il nuovo manifesto dedica i suoi 6 metri per 3 al significato della parola “vergogna”. Stavolta, però, l’autore non si sarebbe avvalso degli spazi comunali riservati ai manifesti né, di conseguenza, della concessionaria comunale per le pubbliche affissioni, ma avrebbe acquistato lo spazio direttamente dalla ditta privata Tramontin, dalla quale non trapela alcun dettaglio in merito all’identità di chi ha commissionato l’affissione. L’investimento, a quanto pare, supererebbe i 162 euro e, almeno inizialmente, dovrebbe coprire il periodo di affissione di 15 giorni, eventualmente prorogabili. Punto in comune tra i due manifesti è l’assenza di una firma, che stavolta però potrebbe essere ricercata non tanto in calce al manifesto, quanto nella sua parte più evidente, quella scritta vergogna che se da un lato fa pensare al manifesto “infame”, dall’altro fa tornare alla mente anche gli adesivi con cui nelle scorse settimane sono stati tappezzati pali e lampioni del centro città, e non solo, operazione in merito alla quale si è in seguito “costituito” Sergio Pratali Maffei, professore associato al Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università degli studi di Trieste.
A colpire, tornando al manifesto, è stato l’aspetto grafico che ricalca quello già visto a Sant’Andrea. La parola “vergogna” campeggia a caratteri cubitali in alto a sinistra, seguita dal suo significato, anche stavolta riportato pari pari dal vocabolario online Treccani e impaginato su due colonne. Insomma, a una prima occhiata superficiale la mano che ha realizzato i due manifesti potrebbe persino sembrare la stessa, non fosse per alcuni dettagli che non collimano: caratteri tipografici diversi, alcuni evidentemente più schiacciati della parola “vergogna” rispetto a quelli più slanciati di “infame”, l’interlinea e l’altezza delle colonne di testo. Certezze ovviamente non ci sono, ma seguendo questo filo logico tutto sembra indicare la presenza di un secondo autore, che forse anche per la visibilità che, in un modo o nell’altro, è riuscito a ottenere il manifesto di “infame”, ha voluto emulare l’esperimento. Di questo passo, i goriziani avranno la possibilità di farsi una scorpacciata di nozionismi che, se non altro, vista la stagione, li aiuteranno a completare gli schemi di parole crociate sotto l’ombrellone. Ora cosa aspettarsi? Non c’è due senza tre... —
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