«Dopo 100 anni giustizia ai nostri morti»

L’intervento del sindaco di Medea alla cerimonia di commemorazione degli italiani caduti con la divisa austroungarica svoltasi all’Ara pacis
Bumbaca Gorizia 17.05.2014 Cerimonia Ara Pacis Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 17.05.2014 Cerimonia Ara Pacis Fotografia di Pierluigi Bumbaca

MEDEA. Dopo cento anni di oblio, di colpevole silenzio, agli italiani morti e dispersi sul fronte orientale della prima guerra mondiale indossando la divisa austroungarica viene resa giustizia. Il muro del silenzio è stato rotto con una cerimonia all’Ara pacis Mundi dove nell’ipogeo è stata collocata un’urna contenente le terre dei cimiteri di Galizia dove da quasi un secolo riposano centinaia di italiani morti durante il conflitto che vide fronteggiarsi su quel fronte l’Austria-Ungheria e la Russia.

Un gesto simbolico, certamente, ma di sostanziale efficacia. E non poteva non trovare cornice in quel monumento che da 63 anni svetta sul colle dal nome mitologico. Un monumento che già raccoglie terre e acque dei mari dove si combattè e morirono tanti soldati e cittadini italiani ma anche molti che indossarono altre divise. Un monumento che non distingue i morti, eretto quale monito contro la guerra. Un monumento che, come ha detto il sindaco Alberto Bergamin, sorge «in una terra che è stata e resta di confine, luogo di integrazione e scontro, di diritti negati o riconosciuti, terra di dolori infiniti, ma soprattutto terra in cui le famiglie hanno vissuto dramma nel dramma, lacerazione nella lacerazione con componenti della stessa famiglia che avevano scelto di imbracciare un moschetto italiano contro l’Austria-Ungheria ed altri che fecero l’opposto».

L’emozione della visita in un cimitero di Galizia l’ha raccontata Paolo Rumiz, insignito ieri della medaglia d’oro della Croce nera austriaca assieme al sindaco Bergamin: «È stata un’emozione vedere seppelliti insieme austriaci e russi, è un messaggio per l’Europa che ho colto in quella trasferta non solo geografica ma anche della mia anima».

L’assessore regionale Francesco Peroni ha sottolineato come «la ricorrenza del centenario dall’inizio della Grande guerra può essere un’occasione straordinaria per un esercizio collettivo della memoria». Peroni ha pure ricordato come la Regione abbia deciso di istituire l’Albo d’oro in Friuli Venezia, nel quale saranno inseriti i 500 mila nominativi di soldati di diverse Patrie ed eserciti che hanno combattuto nella nostra regione. Sono intervenuti anche il consigliere regionale Igor Gabrovec, Franco Stacul degli Amici della Croce nera e il direttore della Croce nera di Vienna Otto Jaus.

Uno sventolio di bandiere colorava un cielo ingrigito, impettiti nelle divise d’epoca i figuranti del gruppo Grigioverdi del Carso, mentre il coro alpino “Desio” di Palmanova intonava l’Inno alla gioia e quello di Caporetto “Signore delle cime”. Il canto “Stelutis alpinis” accompagnava la deposizione dell’urna effettuata dal sindaco Bergamin, nell’ipogeo del monumento. Alti si levavano i gagliardetti di numerosi gruppi alpini e i labari delle associazione d’arma e combattentistiche, minuta ma presente la figura della medaglia d’oro Paola Del Din, 90 anni, testimonianza vivente di una storica stagione di battaglie combattute per la libertà. Il medeense Alessandro Simonetto ha chiuso la cerimonia con un ultimo messaggio di pace portato dalle note del suo violino.

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