Donna in stato vegetativo medico condannato a 8 mesi

Giuseppe Di Salvo ritenuto unico responsabile per le gravi lesioni subite nel 2005 dalla turriachese Claudia Durigatti. Assolte le tre infermiere in servizio nel reparto
Di Franco Femia
MONF 03B Monfalcone 20 dicembre 2004
MONF 03B Monfalcone 20 dicembre 2004

Il medico Giuseppe Di Salvo, 66 anni, di Staranzano, è stato condannato a 8 mesi di reclusione con la condizionale per lesioni colpose gravi nei confronti di Claudia Durigatti, la donna di Turriaco di 60 anni che da 7 si trova in stato vegetativo. Assolte per non aver commesso il fatto le infermiere Adriana Deluisa, 44 anni di Romans, Lucia Zollia di 43 di Doberdò e Doris Ziz, 41 anni, di Monfalcone, all’epoca dei fatti tutte in servizio come Di Salvo, all’ospedale di San Polo.

La sentenza è stata emessa dal giudice monocratico del tribunale di Gorizia Rossella Miele, che ha accolto le richieste del pubblico ministero Valentina Bossi, anche se ha dimezzato la pena. Il pm aveva chiesto infatti per il medico una condanna a un anno e 5 mesi di reclusione; assoluzione invece per le infermiere. Il difensore Riccardo Cattarini aveva invece chiesto l’assoluzione per i quattro imputati.

Decisiva è stata la superperizia che il giudice aveva affidato al dottor Sorbara per fare chiarezza sul periodo intercorso dall’estubazione ai primi soccorsi. La perizia si era resa necessaria dopo le discrepanze emerse dalla testimonianza rese in aula dal primario del reparto di rianimazione del San Polo Sabbadini rispetto a quanto riportato nella cartella clinica. Uno stesso consulente del pm aveva sottolineato nella sua deposizione come la cartella clinica non fosse dettagliata.

La vicenda risale nella notte tra il 3 e 4 novembre di sette anni fa. La Durigatti era stata ricoverata all’ospedale monfalconese per una grave crisi d’asma. Il dottor Giuseppe Di Salvo e l’infermiera Adriana Deluisa erano in servizio nella notte, le infermiere Lucia Zollia e Doris Ziz avevano preso servizio la mattina alle 7.

La Durigatti, secondo la ricostruzione della Procura della Repubblica, era stata correttamente intubata ma, nonostante la donna dimostrasse uno stato di agitazione, non sarebbero stati adottati quegli accorgimenti tecnici necessari per evitare una possibile estubazione accidentale. Quello che poi sarebbe accaduto nella mattinata del 4 novembre. A causa di un conato di vomito, infatti, la donna accidentalmente si estubava e il tubo non veniva ripristinato tempestivamente. Anzi, quando l’intubazione veniva riapplicata - secondo l’accusa - il medico non ha verificato che lo stesso tubicino era rimasto occluso.

E così Claudia Durigatti sarebbe rimasta per un periodo di tempo significativo, almeno una decina di minuti, in uno stato ipossemico, quindi con un apporto insufficiente di ossigeno. Sarebbe stata proprio questa situazione a causare la grave encefalopatia irreversibile che l’ha condotta allo stato vegetativo in cui versa tuttora.

Per la Procura le infermiere avrebbero dovuto preoccuparsi di adottare gli accorgimenti necessari a prevenire l’estubazione accidentale, fermando o il tubicino tracheale con fettucce fisse o con altri mezzi. La donna, infatti, a causa della sua agitazione, era stata soltanto bloccata alle braccia per impedire che si strappasse il tubicino. Ma fatale era stato poi stato un rigurgito.

La perizia e le testimonianze rese in aula hanno però escluso ogni responsabilità delle infermiere, tanto che al termine della requisitoria la stessa pubblica accusa ne ha chiesto ieri la piena assoluzione.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo