Don Salvadè: comunità a rischio scisma
Non porge proprio l’altra guancia monsignor Pier Emilio Salvadè, il vicario generale della diocesi triestina. Non lo fa almeno dalle colonne di Vita Nuova. Il suo, dopo “le chiacchiere da bar” dei giorni scorsi, dopo il suicidio di don Maks a Santa Croce, vuole essere un richiamo, forte, fortissimo, all’unità della comunità ecclesiale a rischio “scisma”.
«Per difendere un prete (che ha riconosciuto il suo peccato) si contesta il vescovo? Ma che cristiani siamo? Qui non si tratta dei miei personali rancori o simpatie verso un vescovo, o verso quell’una o l’altra persona di questa vicenda, o verso gli italiani o gli sloveni. Qui stiamo dando cattiva testimonianza di chiesa», scrive nel suo articolo.
«Nella vicenda di don Maks Suard, nella ridda di comunicazioni e contro comunicazioni, di titoli sui giornali e di commenti velenosi su Facebook, cosa abbiamo smarrito? Il rispetto per il dolore di una vittima (la ragazza) e l’umano cordoglio per una persona che si è tolta la vita, e la fede che deve circondare il vescovo: ecco cosa abbiamo smarrito. E la falsa comunicazione è arrivata fino ai telegiornali nazionali, tanto si sa che il gossip vende bene». Pertanto, ora, dopo questi giorni di «letterale follia, forse occorre fare un passo indietro. E recuperare il bene prezioso del silenzio e della preghiera che rispetta il dolore delle persone qui ferite da questa vicenda, che di fatto sono gli unici attori a cui questo fatto riguarda, vescovo compreso».
E prosegue, don Salvadè, e stavolta non le manda proprio a dire. Il riferimento è sempre lì, al «cuore ferito e turbato» di Crepaldi dopo la messa nella parrocchia di Santa Croce per ricordare don Suard. «Fedeli che escono dalla messa di un vescovo in risposta a un gesto di attenzione e di cura pastorale, questo è essere chiesa? No. Questo si chiama “scisma” e fa molto male alla chiesa. La chiesa è il luogo della verità, della giustizia, ma anche di una fraternità che si alimenta di stima, rispetto e attenzione per l’altro. Proprio queste tre cose sono mancate in questi giorni. Occorre un passo indietro. E domandiamoci se stiamo servendo Dio e la chiesa o ci stiamo servendo di essi per le nostre personali battaglie».
Protegge e difende, don Salvadè, il suo vescovo. Attaccato da una buona parte dei fedeli di Santa Croce e della minoranza, accusato dal padre di don Maks di non essergli stato vicino, criticato da Boris Pahor che ha definito Crepaldi «un giudice frettoloso», Salvadè ricorda a tutti come «resti il dolore di una donna che deve essere aiutata, di un padre che ha perso il suo unico figlio. E di una chiesa che ha perso un sacerdote. Solo questo importa, il resto sono chiacchiere da bar».
Insomma, pare concludere, «restiamo umani, se ancora un po’ di umanità ci è rimasta nel cuore. E cristiani, e non italiani o sloveni».
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