Don Malnati e Sion, 40 anni di parrocchia
Ha visto Giulio Camber con i calzoni corti e ha cresciuto Antonella Grim, l’astro nascente del Pd con un passato da catechista. Don Ettore Malnati, braccio destro del vescovo Crepaldi, è uno che dà del tu alla politica. Dalla sua chiesa, Nostra Signora di Sion, è passata una bella fetta del potere triestino. Ne parla con una certa nostalgia il monsignore, ora che la parrocchia festeggia il quarantesimo anniversario. L’aveva voluta il vescovo Santin, nel 1974: gliel’ha affidata e lì il don è restato. Frutto di un caso, o della Provvidenza, perché Malnati nel ’78 era destinato a Roma, a prendere in mano la Fuci nazionale. Era un desiderio di Giovanni Paolo I, il papa dei 33 giorni. «Santità, lei ha da lavorare, ci sentiamo in gennaio», si sentì rispondere in udienza il pontefice. Che poi morì e non se ne fece nulla. «La mia fortuna», scherza il sacerdote. Ma la voce si incrina un po’ quando racconta di Santin, di cui è stato per 11 anni segretario personale: «Aveva un amore spassionato per la città». Il vescovo, si scopre ora, era a un passo dalla nomina cardinalizia.
Malnati, anima Dc con un trascorso da cappellano della Triestina, a Trieste ora salva solo Bruno Marini. Di quell’area è «l’unico che rimane». Stima Roberto Dipiazza come amministratore, più che politico. Il passaggio a Ncd? «Un “giuda” ha poca fortuna...».
Don Ettore, come è nata la parrocchia di Sion?
Era il ’74, un professore dell’Università, De Simoni, e alcune famiglie avevano domandato a Santin di vedere la chiesa, che era molto degradata, e di metterla a disposizione della facoltà di Magistero qui in via Tigor. Era in uno stato pietoso e mancava anche l’accesso dalla strada. Io ero segretario del vescovo che, a un certo punto, mi dice: «Guarda in che condizioni è!».
E lei cosa rispose?
Che si guarda all’Africa, di qua e di là, e poco a casa propria. Al che Santin mi disse: «Occupatene tu». E il 25 aprile sono venuto qua. Per vent’anni è stata un rettorato, poi è diventata parrocchia. Paolo VI mi aveva mandato 600 mila lire per i lavori, conservo ancora la ricevuta. Dopo 5 anni è nata l’associazione culturale “Studium fidei” per il dialogo ecumenico, di fede e cultura. Si affrontavano tematiche come il darwinismo e l’evoluzionismo.
In questa parrocchia, con lei, sono cresciute varie personalità di spicco del mondo politico locale.
Di ogni schieramento.
Certo: Giulio Camber, Cristiano Degano, Bruno Marini. Un caso? Che dottrina ha impartito?
Una formazione umana: servizio e bene comune con al centro la dottrina sociale della Chiesa. Negli anni ’70 e ’80 non era proprio di moda.
Cosa si faceva?
Si leggevano i giornali, anche l’Unità, e si discuteva dei fatti politici. Era un pensatoio, facevamo radio.
E Camber?
Sempre attivo. Il vescovo ci aveva affidato la Fuci...sì, l’ho un po’ cresciuto.
Ma ha cresciuto anche Antonella Grim, la segretaria del Pd regionale...
Una brava catechista, di lei ho un ottimo ricordo. Poi ognuno fa la sua strada...(ride). È importante che chi fa una scelta politica resti testimone della realtà cristiana. Io però non ho mai interferito con la politica, nemmeno con Camber.
Bacchetta qualcuno?
Non tengo rancori.
Nel 2006 lei aveva appoggiato Dipiazza nella sfida con Rosato.
Non sono mai sceso in campo, ma con Dipiazza ho un’amicizia antica e vedevo bene lui per la città come amministratore. Però...
Cosa?
Qui da me non ho mai voluto fascisti. Durante la visita di Giovanni Paolo II, nel ’92, si era saputo che il Papa avrebbe salutato anche in sloveno: Menia e altri erano venuti qui per fare un omaggio a Santin in opposizione a Wojtyla e io sono uscito dalla messa e gliel’ho impedito. Uno di loro poi scrisse al Piccolo che un “pretino” li aveva bloccati.
Cosa pensa del passaggio di Dipiazza a Ncd?
Roberto è un amico, qualche scivolone lo fanno tutti. Credo però che tutti dovrebbero essere coerenti. I “giuda” non fanno fortuna. Ciò non toglie che sia stato un ottimo sindaco, l’uomo del fare.
E Cosolini?
Lasciamogli finire il mandato...
Sono tutti renziani ora?
Ma Renzi non è il Pd, è un Dc.
La rimpiange?
Certo, sono stato molto vicino alla Dc.
Resta qualcuno dell’area?
Marini, forse Degano.
È vero che lei ha rifiutato di diventare vescovo. Di Pordenone, ad esempio?
Chiacchiere, mai ricevuto alcun biglietto. E se anche l’avessi ricevuto non potrei dirlo. Ora a Trieste ringrazio Crepaldi per la fiducia.
Quale ricordo ha di Santin?
Un grande uomo, un sacerdote di solida pietà con un amore spassionato per la città e la sua gente.
Ci sarebbero stati i presupposti per la nomina di Santin a cardinale. Sembra che il veto sia arrivato dalla Segreteria di Stato Vaticana. Come mai? C’era il rischio di minare i rapporti con la Jugoslavia di Tito?
Da quanto ne so io Giovanni XXIII voleva che monsignor Santin prendesse il suo posto da Patriarca di Venezia. Ma Santin dissuase il Papa e fece il nome di un veneziano, Giovanni Urbani vescovo di Verona. Poi Paolo VI, che di Santin aveva tanta stima per i suoi meriti prima e dopo la guerra e per l’episodio dell’aggressione a Capodistria, voleva onorarlo. Ma non essendo Trieste sede cardinalizia lo fece arcivescovo ad personam.
Malnati, lei ha lavorato per il processo di beatificazione di Paolo VI che si terrà in ottobre?
Per otto estati ho avuto un ruolo nella verifica della veridicità delle testimonianze.
Torniamo alla sua parrocchia, Sion, cosa si sente di dire dopo quarant’anni in questa comunità?
Un parroco è come un papà di famiglia, con momenti di gioia e di sofferenza. Ho 300 ragazzi e 32 catechisti, sono felice di vivere in questa “periferia esistenziale”, come dice Papa Francesco. A me è sempre piaciuto camminare a fianco di persone non eccessivamente di chiesa ma che vivono con problematicità accanto o nella comunità. Ringrazio la parrocchia e chiedo scusa per tutto quello che non ho potuto fare bene e se non sono riuscito a comprendere tutti.
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