Don Ciotti: «Dalla mafia non è rimasta immune nessuna zona dell’Italia»
Per Trieste nutre grande affetto, «grazie a don Mario Vatta, un amico fraterno». Don Luigi Ciotti non passa inosservato e non solo perchè i lampeggianti delle tre auto di scorta ne annunciano l’arrivo. Di recente, infatti, al fondatore del Gruppo Abele e dell’Associazione Libera contro le mafie hanno dovuto raddoppiare la scorta. Un uomo che rifiuta l’etichetta di prete di strada o di frontiera, «perchè l’ha detto chiaramente Papa Francesco, dobbiamo andare tutti verso le frontiere, quelle esistenziali, quelle della solitudine». Un prete che le mafie vogliono morto e che lo stesso Totò Riina ha accostato a don Pino Puglisi, ucciso a Palermo nel 1993, per indicarne la fine.
Don Ciotti, come sta il nostro Paese?
Vive un momento di fatica e disorientamento. Dieci milioni di persone vivono una situazione di povertà relativa, mentre sei milioni vivono in povertà assoluta. Otto milioni di persone, invece, stanno soffrendo un disagio lavorativo.
Si tratta di una crisi esclusivamente economica?
Sicuramente no. La crisi è anche etica e culturale. Stiamo assistendo a una fragilizzazione dei servizi sociali, a un aumento della dispersione scolastica e a una crescente analfabetizzazione di ritorno.
Si sta creando un terreno fertile per la proliferazione delle mafie?
Le mafie dispongono di enormi capitali e in questo periodo storico aumentano le occasioni di infiltrazione in settori economici strategici. Cresce la presenza della criminalità nei grandi appalti, nel settore agroalimentare, in quello delle fonti rinnovabili. Si continua a investire nelle sostanze stupefacenti, nello sfruttamento della prostituzione, nell’usura e nel gioco d’azzardo.
Ci sono aree del Paese che si possono considerare indenni da questa piaga?
Da sempre le mafie mantengono le radici storiche al Sud Italia, mentre gli affari continuano a farli al Nord. Spesso ci troviamo davanti a una mafia con i guanti bianchi, che passa inosservata. Per questo bisogna mantenere alta la guardia, senza però scoraggiarsi. Si deve mantenere la lucidità, prendendo coscienza del buono che ci circonda. I nostri ragazzi non devono essere travolti dalla negatività.
Trieste è una città di frontiera. Chissà quanti guanti bianchi da queste parti?
Nessun territorio può definirsi del tutto immune, anche se questa città ha dimostrato di avere gli anticorpi per reagire. Dico questo pensando a un amico che non c’è più, all'ex procuratore della Repubblica di Trieste Nicola Maria Pace, una persona seria, che ha avuto il coraggio di andare controcorrente. Le sue indagini sul traffico di organi attraverso la frontiera di Trieste hanno inizialmente fatto sorridere più di qualcuno. Non gli si voleva credere. Eppure è stata fatta luce su una vergognosa tratta di esseri umani.
La politica ha le sue colpe?
La corruzione e la mafia sono due facce della stessa medaglia. Ci sono le alleanze, le compiacenze. Alle volte basta solo chiudere un occhio. Ciò che è certo è che l’Italia è il Paese dove in tanti anni non è ancora emersa la verità sulle stragi.
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