Dogana di Prosecco, chiusura a un passo

È stato già inviato dalle Ferrovie dello Stato lo sfratto. Incerto il futuro dei 68 addetti di Interland e Fratelli Prioglio. La variabile Punto franco
Di Ivana Gherbaz
Paolo Giovannini, Trieste, 23/03/2013, Dogana di Prosecco.
Paolo Giovannini, Trieste, 23/03/2013, Dogana di Prosecco.

L'Ufficio doganale di Prosecco rischia di essere chiuso mettendo in bilico i 68 posti di lavoro di Interland e Fratelli Prioglio, le due società di spedizione che da anni lavorano nell’ex scalo ferroviario. L'edificio, sede delle Dogane, è di proprietà delle Ferrovie dello Stato che lo scorso maggio hanno inviato l'ingiunzione di sfratto con un’unica alternativa: il pagamento di un canone di affitto piuttosto salato, all’incirca 40mila euro all’anno. Da qui la decisione di chiudere un ufficio che, tra l’altro, secondo la Direzione interregionale delle Dogane, con sede a Venezia, produce poco traffico.

Questione di spending review, dicono i funzionari delle Dogane: mantenere l’ufficio di Prosecco costa troppo e per spese si intendono quelle di personale, riscaldamento e linea telefonica, escluso l’affitto che finora non è mai stato corrisposto. Se da un lato le Ferrovie cercano di fare cassa dall’altro l’Agenzia delle Dogane risponde che i soldi non ci sono. Un cane che si morde la coda. A farne le spese sono appunto Interland e Fratelli Prioglio che hanno tentato tutte le vie per trovare una soluzione. E non è vero che i traffici sono i calo. «Sono 350 i camion che settimanalmente utilizzano lo scalo doganale, numeri in aumento nonostante la crisi, più altrettante operazioni di import-export, attività di logistica, oltre alla possibilità di depositare le merci nei magazzini e tenere il bestiame in otto stalle», spiegano i due spedizionieri. «Abbiamo proposto all’Agenzia un trasferimento in un prefabbricato - spiega Gianfranco Gherbassi, ad Interland - che a nostre spese (con la Fratelli Prioglio, ndr) per un totale di 12mila euro abbiamo messo a norma, ma a lavori compiuti ci è stato risposto che non era possibile far lavorare là i funzionari». Ma c’è di più. C’è di mezzo il Punto franco: l’Autorità portuale ha siglato di recente il contratto per l’acquisto dell’area della fallita International Srl di Tomaso Prioglio, una superficie di 28 mila metri quadrati, con un investimento di un milione e l’obiettivo di trasferirvi il Punto franco oltre a farci un’area retroportuale. La chiusura della Dogana è stata fissata per maggio e i titolari delle due società chiedono l’intervento delle istituzioni.

«Come possono decollare i traffici internazionali senza la possibilità di sdoganare le merci?», si interroga Gianfranco Gherbassi. «Spostare i camion a Fernetti - continua Gherbassi - per compiere le operazioni doganali in un autoporto già al limite delle sue capacità è insostenibile. I dirigenti delle Dogane giustificano la chiusura dei loro uffici perché sono necessari tagli alla spesa. I costi sarebbero quelli dell’affitto dei locali e di una linea telefonica, questioni che si possono risolvere. Forse manca la volontà da parte dell’amministrazione doganale visto che la direzione è stata trasferita a Venezia, dove c'è un porto antagonista al nostro».

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