Documenti spariti nel nulla giallo all’Università popolare
TRIESTE Non bastava la bufera sui conti. Ora negli uffici dell’Università popolare si scopre pure l’esistenza di un giallo: l’improvvisa sparizione di alcuni documenti, scomparsi nel nulla mesi fa. Un mistero che, di recente, ha spinto addirittura a sostituire precauzionalmente le serrature delle stanze dove viene conservata la documentazione contabile.
Tra le carte sottratte dagli uffici di piazza Ponterosso ci sarebbe il plico con le delibere del 2016. La presidente Cristina Benussi, difronte all'assenza di quei documenti, ha sporto denuncia in Questura. Spetterà ora agli uffici cercare di ricostruire quegli atti che testimoniano anche l’attività dell'ente.
Intanto lunedì e martedì scorsi si è riunito in piazza Ponterosso il collegio dei revisori dei conti che, nel verbale redatto al termine del loro lavoro, ha formulato alcune osservazioni, focalizzando anche l'attenzione sul quel “contratto parallelo”, vale a dire la scrittura privata, che il dimissionario direttore Fabrizio Somma aveva fatto sottoscrivere all’Upt contestualmente alla firma del suo contratto di assunzione a tempo indeterminato. Quel “contrattto di garanzia” era sconosciuto ai revisori, che ne hanno appreso l’esistenza dagli articoli del Piccolo. Lunedì scorso hanno acquisto la documentazione relativa all’atto, scoprendo che nella scrittura è stato previsto «un termine di stabilità di cinque anni decorrenti dal 9 gennaio 2018, prima del quale Upt non potrà risolvere il rapporto di lavoro in assenza di una giusta causa di licenziamento ex articolo 2119 del c.c.
Pertanto, in caso di recesso anticipato senza giusta causa di licenziamento prima della scadenza del termine sopra indicato, l’Upt si impegna a corrispondere, a titolo di penale non riducibile, un importo pari alle retribuzioni lorde corrispondenti ai periodi di paga intercorrenti tra la data di recesso e la scadenza del vincolo». Va ricordato che il 3 ottobre scorso, Somma ha presentato le dimissioni irrevocabili con decorrenza 15 gennaio 2019. Il collegio dei revisori, nel recente verbale, rileva che quel contratto «è stato sottoscritto con firma illeggibile da una persona non identificata (presumibilmente la presidente) ed è stata controfirmata, per accettazione, dal neodirettore». I revisori evidenziano che «non risulta che la determinazione di erogare l’onerosissima penale sopra descritta sia stata disposta con un’apposita delibera del consiglio direttivo. Di conseguenza, - scrivono - l’obbligazione del pagamento della penale assunta con il contratto in esame non può impegnare l’ente ma la persona che lo ha indebitamente sottoscritto senza aver seguito la procedura amministrativa prescritta dallo statuto dell’ente». Dunque, Cristina Benussi.
Ma non è finita. Secondo il Collegio in quella scrittura viene usata una «ambigua locuzione», che si presta ad essere interpretata anche nel senso che la penale debba essere corrisposta in caso di recesso dell’interessato per dimissioni volontarie. I revisori hanno indicato al cda e al consiglio direttivo di Upt la «concreta sussistenza del rischio di dover effettuare una spesa non sostenibile per le precarie finanze dell'ente senza ricavarne alcun beneficio», invitandoli a prendere con tempestività tutte le iniziative idonee a tutelare gli interessi l'ente. —
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