Doccia gelata da Roma «No alla demolizione della Sala Tripcovich»
Il Ministero dei Beni e delle Attività culturali blocca la demolizione della Sala Tripcovich. Una doccia gelida per il sindaco Roberto Dipiazza, che ieri mattina ha appreso del veto romano per mezzo di una “soffiata” telefonica. Al momento, infatti, le motivazioni del Mibac non sono pubbliche: ne sarà data comunicazione ufficiale al Comune la prossima settimana, in forma scritta.
Chi conosce le carte parla di un «secco no» all’abbattimento della struttura, sul cui futuro rimane il rebus, dal momento che il primo cittadino promette battaglia all’ultimo sangue ed esclude la possibilità di restaurarla in funzione teatrale. Nel frattempo la Soprintendenza Fvg, che pure aveva dato l’ok al piano della giunta Dipiazza, mantiene un silenzioso riserbo. Dopo aver appreso in via informale del «no» di Roma, il primo cittadino ha riferito in Consiglio comunale (vedi articolo a fianco). In un secondo momento ha risposto alle domande dei giornalisti, spiegando che non intende accettare passivamente la situazione: «La prossima settimana, carte alla mano, metterò in moto gli uffici e la Soprintendenza per capire dove sta l’inghippo. Vedremo di leggere i documenti, insomma, e poi penseremo a come agire di conseguenza. Si è trattato di uno schiaffo morale, non solo per me ma per tutta la città: ecco perché in Consiglio ho reagito come ho reagito. Adesso mi sono ripreso e sono determinato a lavorare per raggiungere l’obiettivo. Abbiamo perso una battaglia ma non la guerra».
Nel caso che in futuro la “guerra” fosse vinta da Roma, l’amministrazione cittadina sarebbe disposta a fare dietrofront, investendo nella riqualificazione della Tripcovich? «Non ci penso nemmeno – afferma il sindaco Dipiazza –. In quel caso, staremo a vedere se qualcuno sarà disposto ad accollarsela. Per dirne una, non c’è lo spazio per i camerini: in passato avevano addirittura messo i container dietro la sala, per ovviare al problema».
La demolizione dell’edificio, da sempre auspicata da Dipiazza, a luglio aveva preso la forma di un progetto, dal costo stimato in 2 milioni di euro. Via la sala: al suo posto una piazza aperta sul Porto vecchio, con alberi nuovi e statua di Sissi, fatta appositamente spostare dal centro di piazza Libertà. L’idea non era dispiaciuta alla soprintendente, Simonetta Bonomi, che aveva pertanto aperto alla rimozione del vincolo delle Belle arti.
Ad agosto era però comparso un nuovo ostacolo, eredità del precedente governo, per effetto del quale adesso l’ultima parola spetta al Mibac, in materia di vincoli culturali. Subito dopo la Soprintendenza ha di conseguenza avviato l’iter necessario, che ora è stato bloccato appunto da Roma: a riguardo Bonomi non rilascia dichiarazioni. Voci di corridoio parlano tuttavia di una «lettera» a uso interno, pervenuta agli uffici di Palazzo Economo, in cui si dice un «secco no» alla rimozione del vincolo delle Belle arti dalla Tripcovich e, di conseguenza, alla sua demolizione. —
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