Ditte artigiane in rivolta contro l’ecobonus di Roma

Sotto accusa il meccanismo che consente ai clienti di chiedere lo sconto in fattura dei benefici per lavori di risparmio energetico. «A rischio centinaia di piccole realtà»

TRIESTE. Un passo avanti e due indietro, secondo il vecchio detto che accompagna la curiosa mobilità dei gamberi. La piccola edilizia non fa in tempo a rifiatare, dopo quasi dieci anni di crisi, che basta una norma dai contenuti opinabili e una procedura di concordato e per creare grattacapi alle varie articolazioni del comparto. È Confartigianato Trieste, con il presidente Dario Bruni e il segretario generale Enrico Eva, a denunciare le due questioni che scuotono il vasto mondo delle costruzioni.

La prima questione riguarda il cosiddetto “Ecobonus”, cioè lo sconto in fattura dei benefici per lavori sul risparmio energetico, richiedibile dai clienti come previsto dal decreto Crescita. La ricaduta del provvedimento governativo incide su circa 900 micro-aziende triestine impegnate nell’edilizia, nei serramenti, nell’impiantistica. Considerando una media di tre addetti per impresa, oltre 2500 lavoratori sono coinvolti in quello che può trasformarsi in un pericoloso corto circuito finanziario per la micro-azienda. Numeri destinati a salire di molto se si prende in esame la situazione dell’intero Fvg.

Perchè - spiega Bruni - se un artigiano effettua un lavoro di riqualificazione energetica da 30 mila euro, la metà dell’importo viene immediatamente “scontato” in fattura a vantaggio del cliente che chiede di fruire subito dei benefici attivati dagli interventi di risparmio energetico. «I risultati sulle micro-aziende sono deflagranti», attacca Bruni, che, essendo imprenditore del settore, conosce bene la materia.

Nel giro di 3-4 anni l’artigiano, che trae una porzione importante del fatturato su questa tipologia di lavoro, è costretto a chiudere i battenti perchè non riesce a reggere il ritmo finanziario dell’anticipazione fiscale. «Sa a chi conviente questa norma ? - prosegue il presidente di Confartigianato -. Conviene ai grandi soggetti, come per esempio AcegasApsAmga, che hanno una robusta struttura finanziaria e possono così permettersi di scontare con minore stress il beneficio fiscale».

Secondo Bruni, «gli effetti perversi del provvedimento riguarderanno il forte aumento del subappalto, perchè la grande azienda riesce a ottenere il lavoro, in quanto interlocutore fiscale-finanziario sicuro, poi lo redistribuisce alle sue condizioni agli operatori più piccoli». «Distorsione della concorrenza - conclude Bruni - e molte sono le segnalazioni di aziende costrette di fatto a rifiutare commesse».

La seconda questione critica si ricollega alla richiesta di concordato presentata dalla cooperativa di Latisana Celsa, attiva anche nel maxi cantiere della A4. Un’azienda situata a Valle delle Noghere, a Muggia, specializzata nella lavorazione e nella fornitura di pietra, aveva effettuato a Celsa una consegna del valore di alcune decine di migliaia di euro.

Ha appreso dagli organi di informazione le difficoltà della committente friulana e adesso si trova ad affrontare un doppio problema: incasserà - ben che vada - un importo molto inferiore a quello originario e dovrà comunque versare l’Iva sulla fattura emessa, senza sapere se e quando ne verrà a capo. «Becchi e bastonati», commenta Eva che propone una norma tale da sottrarre le imprese fornitrici, impigliate nel concordato, al pagamento delle tasse correlate alla prestazione resa. «Le micro-imprese fungono da camera di compensazione per lo Stato che pretende comunque l’incasso integrale dell’Iva su una fattura che mai verrà interamente saldata».




 

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