Dipiazza si indigna per gli attacchi e promette una città «bellissima»

Il candidato del centrodestra punta il dito contro la stampa: «Inutile fare illazioni sui componenti della mia futura squadra. Odio chi mette in discussione la mia onestà». Stoccata alla Serracchiani: «Si preoccupi della Regione, con il calo delle assunzioni a tempo indeterminato»
Roberto Dipiazza, candidati del centrodestra
Roberto Dipiazza, candidati del centrodestra

TRIESTE La politica? Un vassoio di parmigiano reggiano, un prosciutto cotto caldo e una mortadella gigante. Roberto Dipiazza, con la “ricetta” giusta, stipa alla grande uno degli orridi gazebo di piazza della Borsa (mal comune con tutti gli altri, sia chiaro) nel giorno della manifestazione di chiusura della campagna elettorale, prima del silenzio elettorale. Praticamente una no-stop quella che al mattino vede il candidato del centrodestra tuonare contro la stampa, e segnatamente contro il “Piccolo”, al pomeriggio esternare durante Italia-Svezia, tra un’occasione da gol e l’altra, e alla sera ringraziare i sostenitori convitati che, con le mani tutte impegnate dai piatti, non riescono neanche ad applaudire.

 

 

“Dipi”, del resto, non inventa niente. Pare che, storicamente, i primi a rendersi conto dell’importanza della socializzazione a tavola siano stati quei “comunisti” ormai ridotti a livello ectoplasmatico che, con le feste di paese prima e quelle dell’Unità poi, erano riusciti a fare tesseramento militante e a diffondere il verbo. Gli stessi che negli anni Ottanta al classico “seguirà dibattito” avevano praticamente sostituito il “seguirà rinfresco”...

L’ultimo appello di Dipiazza gronda indignazione, fastidio, anche un minimo di preoccupazione per «lo squallore degli ultimi due giorni di campagna elettorale». In un tendone stipato solo di addetti ai lavori e fedelissimi, al mattino tuona: «Sono stufo di dover apprendere dal giornale ogni giorno quello che dico». E ancora: «Non vedo e non sento Costa (già europarlamentare Pd e presidente dell’Authority portuale di Venezia, ndr) da almeno cinque anni, figurarsi se può diventare mio consulente... Inutile ipotizzare i componenti della mia futura giunta (data per acquisita, evidentemente, ndr), ne riparleremo quando sarà il momento... E odio chi mette in discussione la mia onestà».

 

 

Manco a farlo apposta, arriva anche un assist, una notizia di agenzia arrivata durante il suo appena concluso dibattito alla Rai regionale. «La Serracchiani mi critica? Farebbe bene a preoccuparsi, invece, per l’ultimo dato Ires, che assegna al Friuli Venezia Giulia un -38% nelle assunzioni a tempo indeterminato».

Dai suoi commensali, pieno appoggio. Così il leghista Roberti annota che «le frottole del centrosinistra sono cresciute dopo il nostro vantaggio nel primo turno», e assicura di aver visto «lettere del sindaco (Cosolini, ndr) con offese ai vari nostri candidati».

Arriva anche Sandra Savino, segretario di Forza Italia, che viaggia sempre con l’accetta in borsa. «Siamo stufi del disprezzo costante e continuo espresso nei nostri confronti dal centrosinistra. Con quella loro spocchia da intellettuali si contrappongono a noi, brutti, sporchi, cattivi e ignoranti, ma non tanto da non aver rilevato, a suo tempo, i buchi spaventosi di bilancio lasciati dal centrosinistra in Regione». Veleno nella coda, ecco l’attacco al suo stesso “genere”. «Cosolini può contare su 500 donne a suo favore? Bene, noi non abbiamo queste 500 dame della carità che vivono di prebende pubbliche, ma le 500 firme di persone che hanno le palle girate (testuale, ndr) per la situazione del Viale XX Settembre». Ça va sans dire...

Giorgio Rossi, già assessore e, comunque, futuro assessore a qualcosa, sembra il più imbufalito. E con le vene che gli pulsano sulla gola tuona contro un fondo del giornale, assicura che esiste un «minimo comune multiplo (?, ndr)» tra le persone e che è mancato il rispetto, «anche se la risposta la daranno gli elettori».

Mancano i Fratelli d’Italia, e Giacomelli il giovane attribuisce a Cosolini una pletora di record. «Quello della disoccupazione, della desertificazione commerciale, dell’immigrazione», ma poi scivola sulla matematica, attribuendo a Dipiazza «il 71 per cento dei consensi dei triestini». Non si sa quali, visto che ha votato praticamente uno su due e il 71% del 50% dà numeri ben diversi...

Dipiazza, intanto, lancia l’ultimo appello. Invita a cambiare insieme Trieste «in meglio» «Se volete una città sicura, pulita e bellissima votate Dipiazza» si legge su Facebook.

Nel gazebo, intanto, si taglia il parmigiano e si sostituisce il primo prosciutto, andato a ruba. Se Trieste fosse un buffet, non ce ne sarebbe per nessuno. Ma è ancora una città. Divisa su tutto. «No so come che anderà a finir», ammette un vecchio militante di destra. Cin cin, Trieste.

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