Dipiazza scomunica la coppia Bandelli-Rosolen
Il sindaco di Trieste: "Non fa più l’assessore, mi dica di cosa vive e lei Tondo neanche la conosceva"
Franco Bandelli
TRIESTE.
«Franco Bandelli? Non ha un impiego, deve vivere di politica. Ciò che dice mi è ininfluente. Alessia Rosolen? Fino a due anni fa Renzo Tondo neanche sapeva chi fosse...». La scomunica, lapidaria, della coppia che sta lavorando (dentro) ai fianchi di un Pdl che appare monolitico, viene stavolta da Roberto Dipiazza. Il quale sarà pure un sindaco-imprenditore, per definizione libero e indipendente dai partiti, ma che è fino a prova contraria anche un dirigente dello stesso Pdl, in quanto attuale coordinatore regionale degli enti locali del partitone. E a riprova che il Pdl sia per davvero un partitone - dove nonostante la doviziosa applicazione delle gerarchie non mancano i coni d’ombra e i battitori liberi - viene ora a galla l’appoggio morale e politico, a Bandelli e ai suoi seguaci, di una delle menti più fini e al tempo stesso meno inquadrabili del centrodestra regionale: il senatore friulano Ferruccio Saro, il terzo incomodo del voto regionale del 2003 tra Alessandra Guerra e Riccardo Illy.
Tant’è: nella già lunga partita a tennis tra Dipiazza e Bandelli, con l’accusa di tradimento al posto della pallina, il sindaco segna l’ultimo smash. Scomunicando pubblicamente, come detto, il suo ex delfino, e con lui i quattro del Gruppo Sulli che hanno appena detto no al bilancio comunale, nonché Alessia Rosolen. La quale è sì la compagna di vita di Bandelli, ma è pure l’assessore regionale al Lavoro. A sua volta, insomma, un pezzo grosso del Pdl. E come tale, anzi da consigliere regionale perché è entrambe le cose, ha appena denunciato «un centrodestra triestino in crisi di uomini e idee».
«La differenza sostanziale tra il sottoscritto e Bandelli - è la replica di Dipiazza a entrambi - sta nel fatto che io ho un lavoro e dò lavoro a 40 persone, mentre l’ex assessore deve vivere di politica. Per questo, ciò che dice, per me, è ininfluente. Anche se non dovessi avere altre occasioni politiche, ma ne avrò, vivo del mio lavoro. Lui mi spieghi invece di cosa vive. Sono uno che ha appena investito 300mila euro nella mia attività a Porto San Rocco. Non ammetto quindi che una persona che non ha un impiego, e che senza politica non lavorerebbe, parli di me in quei termini». Basta? Nient’affatto. Il sindaco, appunto, ne ha pure per l’attuale assessore regionale al Lavoro: «Ricordo che il presidente Tondo, una volta eletto, non sapeva neanche chi fosse la signora Rosolen. È Roberto Menia che gliel’ha indicata come asssessore. La stessa cosa vale per Bandelli in Comune...».
Una signora nessuno, in realtà, la Rosolen non lo è. A differenza di Bandelli, che non ha fatto gavetta, lei viene da una radicata esperienza politica nel Fronte della Gioventù, che le consente ora di vantare certi agganci nei piani alti romani. E in più, come detto, adesso c’è la stima di Saro, l’ex socialista diventato alfiere di Forza Italia che nel 2003 si oppose alla candidatura della leghista Alesssandra Guerra, calata dall’alto al posto di Tondo come anti-Illy per il ruolo di governatore, al punto di inventarsi terzo candidato con una lista autonoma facendo di conseguenza, della campagna elettorale del centrodestra, un continuo (e perdente) imbarazzo. Una mossa che non gli sbarrò comunque la carriera, prima in Forza Italia e poi nel Pdl, grazie anche a un seggio blindato dei berluscones in Liguria, che in occasione del voto del 2006 lo portò dritto a Palazzo Madama in quota garantita agli autonomisti di Lombardo proprio da Forza Italia. Un abile tessitore delle maglie politiche sovralocali, insomma. «Sarebbe un profondo errore arrivare alla rottura tra Bandelli e il Pdl», dice sibillino oggi Saro. Che, di rivolte intestine, se ne intende.
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