Dipiazza: era il principe della cultura triestina
Il sovrintendente Zanfagnin: pochi mesi fa mi aveva detto «senza la musica io muoio»
Un gran signore. Un uomo di mondo. L’ultimo anello della grande borghesia triestina. Un irripetibile conoscitore di musica e di musicisti. Un talent-scout. Elegante. Dignitoso poi nella sfortuna. E sfortunato nell’ultima malattia che lo ha privato dell’abilità della conversazione. Gli artisti, i colleghi, triestini e non, non hanno abbastanza parole per ricordare Raffaello de Banfield, per molti «Falello». «È morto il principe della cultura di Trieste» dice con sintesi il sindaco Roberto Dipiazza che gli fu amico ben prima e al di là dei ruoli di responsabilità al teatro Verdi, citando «un grande uomo, dunque una perdita personale al di là dei ringraziamenti che gli sono dovuti per essere stato famoso nel mondo». Per il sottosegretario all’Interno Ettore Rosato «la scomparsa di de Banfield rende orfani tutti i triestini».
Gli aneddoti s’intrecciano, ricostruiscono sequenze di momenti rari. Fino all’ultimo: «I loggionisti - rivela la marchesa Etta Carignani che gli è stata vicina - per Natale gli hanno mandato auguri con tutte le loro firme, pagine e pagine, questo dimostra come fosse entrato e rimasto nell’anima del teatro, la sua vita è stata costellata di musica, da giovane rifiutò perfino un posto da sovrintendente alla Scala, ma solo perché ne temeva la complessità amministrativa. Lui era il teatro».
«Mesi fa mi sussurrò, seduto nel suo palco: ”Senza musica io muoio”. E sono le ultime parole sue che ricordo» dice il soprintendente del Verdi Giorgio Zanfagnin, che ammette: «Noi oggi in teatro viviamo di rendita grazie a lui, pensiamo solo alla sala Tripcovich aperta, con grande esborso di capitali, quando il Verdi era in ristrutturazione. Conosceva tutti, e tutti lo conoscevano: a New York, a Vienna, a Parigi. Aveva rapporti con teste coronate, aveva ricevuto a casa Carlo d’Inghilterra. Lui e la sua famiglia hanno segnato la storia di Trieste». E l’ex soprintendente Lorenzo Jorio rammenta ottimi rapporti di lavoro: «Sereni, era un gran signore, così è vissuto e così ha concluso la sua vita».
Per Gianni Gori, critico musicale, già direttore di produzione del lirico, e amico personale, «De Banfield era un uomo di disarmante semplicità, si rivolgeva allo stesso modo a Carlo d’Inghilterra e alla pulitrice, alzava il telefono per chiedere un’opinione a Von Karajan ma non ostentava mai queste conoscenze, in modo affascinante e anche inquietante ha avuto dalla vita tutto, e poi niente gli è stato risparmiato, è passato dalla dolce vita e dal bel mondo (gli fu perfino attribuito un fidanzamento con Greta Garbo) al grande alveo della musica, a Parigi fu amico di Poulenc, Strawinski, Britten, Menotti, ebbe un successo estremo (negli anni ’50 anche come direttore d’orchestra) e alla fine la grande disgrazia, la caduta... Ma fortunato perché sostenuto da grande fede». E in campo musicale a Trieste, prosegue Gori, portò molte novità assolute «con scelte di grande raffinatezza culturale». Il fallimento Tripcovich, un dramma: «Buttò lì il suo patrimonio, senza risultati al di là della personale rovina».
«Si faceva fatica a farsi raccontare le gran cose che aveva vissuto - testimonia Nello Gonzini, segretario della Società dei concerti che giovanissimo nel 1972 entrò nel consiglio direttivo con De Banfield e che due anni fa trasformò la sua presidenza in ”onoraria” - ci diceva che a New York guadagnava benissimo scrivendo musica per il balletto, e che i soldi da casa gli servivano come spiccioli, e così via...Era però di un candore straordinario, di tale riservatezza e modestia, fin troppo signorile viste le traversie finanziarie. Quando ebbi bisogno di fargli firmare alcuni documenti gli chiesi dove ci saremmo potuti incontrare: ”Una panchina di piazza Venezia è il posto più comodo” rispose. Una volta mi contestò la scelta di un pianista, che dava una lettura nuova di Beethoven. ”Non mi piace per niente!” tuonò dopo il primo atto. Ma venne a trovarmi anche alla fine del concerto: ”Sai che avevi ragione? È davvero un pianista stupendo”. Così era, un uomo straordinario».
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