Dipendenti maltrattati alla Saint Honoré, il titolare respinge le accuse davanti al gip
TRIESTE Ha respinto le accuse chiedendo del tempo «per poter fare i dovuti approfondimenti», per ricordare date e circostanze, Roberto Mosenich, il titolare della pasticceria Saint Honoré, finito agli arresti domiciliari giovedì con accuse di maltrattamento nei confronti di alcuni dipendenti ed ex dipendenti. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, svoltosi ieri davanti al giudice per le indagini preliminari Guido Patriarchi, assistito dall’avvocato Paolo Codiglia, il 65enne ha raccontato la sua versione dei fatti chiedendo appunto del tempo per poter fare le sue «opportune indagini su alcuni aspetti riguardanti le contestazioni mosse».
Secondo l’impianto accusatorio del pubblico ministero Maddalena Chergia, l’imprenditore avrebbe utilizzato dei metodi molto duri nei confronti di almeno sette persone, al punto che in alcuni casi sarebbe arrivato a picchiarli e umiliarli trattandoli come «esseri da sfruttare». Le indagini, svolte dai poliziotti del Commissariato di Opicina, avrebbero fatto emergere un clima di costante paura: ai dipendenti era impedito perfino di scambiarsi i numeri di telefono e in caso di malattia venivano anche controllati a casa dallo stesso datore di lavoro. Qualcuno poi veniva punito e obbligato a pulire le fughe del pavimento utilizzando lo stuzzicadenti, una serie di comportamenti che si sarebbero protratti a lungo, addirittura per mesi.
Una donna, A.A., avrebbe subito anche una molestia sessuale dopo essere stata licenziata: quando era tornata nella pasticceria, per restituire la divisa, avrebbe subito un palpeggiamento nello spogliatoio. Sarebbe stata anche afferrata e tirata per l’orecchio sinistro e insultata con epiteti come «buona a nulla» e «non capisci un ca…».
Un’altra dipendente, N.P., ha denunciato di essere stata strattonata, colpita con pugni sulle spalle e con tirate di orecchie e capelli, e che quando commetteva degli errori veniva costretta a spostare macchinari pesanti sotto la minaccia di non essere pagata. Gli insulti erano sfociati anche nella vita privata, come ad esempio «tuo marito ha fatto bene a lasciarti». E.S. ha invece raccontato di aver subito palpeggiamenti al sedere e al seno con epiteti che invece riguardavano l’aspetto fisico: «Mi diceva che ero grassa, brutta e che potevo fare soltanto la serva». A un uomo, G.G., erano state affidate mansioni che non erano previste dal contratto, a questo poi si erano aggiunte ore di straordinario non pagate con trattenute anche rispetto allo stipendio riportato nella busta paga.
Ieri l’avvocato Codiglia ha spiegato che si tratta di una fase preliminare e che l’interrogatorio di garanzia è servito proprio perché l’indagato potesse fornire la sua versione dei fatti. «Mosenich ha dato dei chiarimenti rispetto alle accuse - ha aggiunto - e nulla qui si può risolvere nell’immediatezza. Davanti a questo tipo di atti serve anche un po’ di pazienza per riuscire a fare delle indagini difensive che forniscano un quadro più chiaro. Al momento dobbiamo verificare l’insieme delle accuse e confrontarlo con altri dati in nostro possesso. Stiamo comunque valutando se presentare istanza di scarcerazione al giudice che ha emesso la sentenza o attraverso il Tribunale del riesame». Nel primo caso servono comunque degli elementi nuovi, in caso di Riesame invece si tratta di un procedimento sugli stessi elementi con giudici di “secondo grado”.
L’arresto è stato effettuato giovedì. La pasticceria è tra le più note di Trieste e in questi giorni è chiusa per ferie. Uno dei timori di Roberto Mosenich, oltre alle conseguenze giudiziarie, riguarda anche a quelle economiche legate alla sua attività imprenditoriale. —
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