Diossina record dalla centrale di Monfalcone

Le emissioni sarebbero nei limiti di legge italiani, ma ben oltre quelli Ue e rendono la città tra le più inquinate d'Italia  

Altran Mf-A2A, conf.stampa e stabilimento
Altran Mf-A2A, conf.stampa e stabilimento

MONFALCONE. Riesplode il rischio inquinamento diossina e metalli pesanti alla centrale termoelettrica A2A (ex Endesa) di Monfalcone. Non sono mai state dismesse le unità a olio combustibile, l’azienda ha confermato che «sono in attività» e saranno chiuse solo fra qualche anno. Ma ha anche ribadito che non intende realizzare la trasformazione a metano contrariamente agli accordi sottoscritti (nel luglio 2004) e che le 4 unità di produzione continueranno ad essere due a carbone e biomasse (sansa di olive, farine animali etc) e altre due a olio combustibile.

Nulla sembra sia cambiato in realtà in questi anni (a parte un nuovo apparato di desolforazione) nella centrale, con gli impianti che restano sempre gli stessi, una situazione che vede Monfalcone seconda città d’Italia dopo Taranto per quantità di diossina emessa nell’aria. In provincia di Gorizia risulta venir emesso il 3,7% di tutta la diossina prodotta in Italia, quando in tutta l’Austria, ad esempio, ne viene dispersa solo l’1,5%.

Ma non è stato possibile nemmeno pensare a un monitoraggio continuativo a Monfalcone come invece l’Assindustria di Brescia ha preteso che avvenisse per i suoi associati, compreso il modernissimo impianto di incenerimento rifiuti che la stessa A2A ha realizzato con tecniche di avanguardia. E la A2A nel bresciano fornisce in Comune i dati relativi alle altre emissioni, in diretta. I dati dalle tabelle(la diossina è messa sotto la voce policlorodibenzoiossine), fornite dalla A2A che li comunica periodicamente all’Ines (agenzia di inventario nazionale delle emissioni, che lavora per l’agenzia di protezione per l’ambiente raccogliendo i dati forniti dalle aziende) parlano chiaro: a Brescia non ci sono gli inquinanti di Monfalcone e nemmeno la diossina.

Attenzione, per Monfalcone parliamo di dati in realtà che sarebbero in linea con i limiti di legge italiani che prevedono 100 nanogrammi per metrocubo. Contro un limite europeo che è di 0,4 nanogramnmi. Ma è paradossale che a pochi chilometri, a Trieste, alle Ferriera di Servola gestita dalla Lucchini dopo la mobilitazione del Comune e un decreto della Regione (si minacciava la chiusura degli impianti) è stato possibile imporre all’azienda di abbattere le emissioni sino a 0,1 nanogrammi. Un problema, quello della centrale di Monfalcone, che sta tornando a far discutere la popolazione, sollevato davanti al vice presidente e assessore regionale all’ambiente ed energia, Luca Ciriani che ha detto che potrebbe mettere a disposizione una speciale centralina dell’Arpa (ora inutilizzata) per monitorare la situazione.

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