«Dinosauri a Duino, bisogna continuare a scavare» Parola di scienziato

Il professor Leonardi, paleontologo di fama mondiale e missionario, in visita a Duino nel sito di “Antonio”
Lasorte Trieste 12/12/13 - Villaggio del Pescatore, Sito Paleontologico, Dinosauro Antonio
Lasorte Trieste 12/12/13 - Villaggio del Pescatore, Sito Paleontologico, Dinosauro Antonio

DUINO AURISINA. Per chi di mestiere va a caccia di fossili, studia tra le pieghe delle rocce solchi, forme, infinitesime tracce lasciate dai giganti della terra milioni di anni fa, la sua è una figura leggendaria. E l'altro giorno, vederla infagottata in una sciarpa rossa a quadrettoni, mentre misurava a spanne le vertebre di Antonio per ricostruirne proporzioni, abitudini e perfino preferenze alimentari ha fatto sensazione.

Difatti pure la “mamma” del nostranissimo dinosauro, la scopritrice Tiziana Brazzatti, davanti al professor Giuseppe Leonardi, uno dei maggiori icnologi (ossia esperti di impronte di fossili) del mondo, è andata in visibilio. E non ha resistito a farsi fotografare con “quel mito della paleontologia italiana di cui leggevo i lavori scientifici nei primi anni di università”, “quel mito che ha studiato per primo la serie di impronte rinvenute nel 1990 su un lastrone calcareo dei "Lavini di Marco" in Val d'Adige e che nel 1993 ha visto con occhi esperti il primo dinosauro italiano, Ciro”.

Insomma, un'occasione imperdibile che l’altro giorno ha riunito all'ex cava del Villaggio del Pescatore un folto gruppo di esperti e rappresentanti di istituzioni, tra cui i paleontologi Della Vecchia e Bacchia, Pugliese dell'Università di Trieste, Bressi e Arbulla dei civici Musei di storia naturale, Maddaleni della Soprintendenza, Campajola di Turismo Fvg, gli assessori Cunja e Brecelj, l'ex sindaco Ret.

Invitato da Mario Sartori di Borgoricco, proprietario del fondo su cui si estende il giacimento dei dinosauri triestini, l'icnologo Leonardi, che di professione fa salvatore di anime, cioè il missionario (vive in Congo dove a Kinshasa aiuta 335 bambini) ha apprezzato l'intervenuta valorizzazione dei luoghi, visitati una prima volta nel 2003.

E ha esortato a riprendere gli scavi: «È un giacimento estremamente promettente: qui si troverà di tutto, perché dove ci sono gli erbivori, come appunto questo Tethyshadros insularis, vi sono anche tanti carnivori, oltre a una ricca mesofauna. L'ambiente insulare, paragonabile alle Bahamas, ch'era presente in quest'area 70 milioni di anni fa – ha proseguito – ha sicuramente prodotto esemplari peculiari, unici nel loro genere, come Antonio, che presenta una vasta gamma di elementi avanzati, come le tre anziché quattro dita nelle zampe anteriori, e nel contempo altri più primitivi, vedi la scatola cranica. Negli ambienti insulari, infatti, il patrimonio genetico risulta sempre più ristretto e l'evoluzione più rapida: elementi che rendono interessantissime le ricerche. L'importante – ha ribadito – è continuare a scavare».

Un libro non basterebbe a riassumere la vita di questo studioso, seminario e laurea in Scienze naturali a Roma, che oggi ha raggiunto le 74 primavere e che fin da piccolo ha avuto la passione per i dinosauri.

La sua famiglia, di origini veneziane, ha infatti sempre coltivato questo ramo del sapere: il trisnonno era geologo e il padre un famoso geologo e paleontologo (pare che nel soggiorno di casa vi sia un fossile che qualche museo ambirebbe ad esporre).

Proprio l'illustre genitore lo introdusse al mondo dei dinosauri. Ma la sua prima vocazione, come ha sottolineato, “è la fede”, che lo ha spinto a mettere da parte gli studi, com'è giusto sia.

«Su Antonio – ha concluso – Della Vecchia ha fatto ipotesi molto interessanti, nelle quali mi ritrovo, come l'origine asiatica della specie: in pratica questi bestioni saltavano da un'isola all'altra fino ad arrivare qui. Quanto alla questione del sesso, io propenderei per quello femminile, ma bisognerà trovare un altro scheletro e paragonarne il bacino per sciogliere il dubbio». Magari un nuovo scavo potrebbe anche svelare l'arcano.

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