“Dimenticato” all’ospedale per sei giorni
Natale a Cattinara. Solo il titolo è da cinepanettone, perché la trama, oltre al contesto, non fa ridere. Così come la denuncia il dottor Claudio Illicher, segretario locale del Cimo, il Coordinamento dei medici ospedalieri, quella di Z.R., 64 anni, muratore serbo di stanza a Trieste con problemi cronici alle vie respiratorie, è la storia d’un paziente-fantasma: dopo essere stato dichiarato dimissibile è rimasto in effetti in ospedale per sei giorni e altrettante notti - occupando un letto, consumando quotidianamente i pasti e facendosi misurare pressione e pulsazioni ogni mattina dall’infermiere di turno - senza che l’ospedale stesso se ne accorgesse. Invisibile, insomma, al registro-presenze. Una “smaterializzazione” alla quale ha contribuito una serie di concause. Z.R., intanto, parla e legge l’italiano poco e male, oltre a non avere da queste parti molte persone che si prendono cura di lui: può non aver capito dunque che l’avevano dimesso, e se per caso gli sarà venuto qualche dubbio se lo sarà tenuto per sé senza farsi troppe domande.
Determinante però, per questa permanenza “clandestina”, è stata la sua condizione di ospite fuori reparto, nel senso che originariamente era in carico da una parte ma è stato dirottato da un’altra per ricorrenti ragioni di “overbooking”. Solo che, alla fine, se lo sono dimenticati da ambedue, le parti.
Il prologo data lunedì 22 dicembre: è il giorno in cui Z.R., per il riacutizzarsi appunto di una bronchite cronica, viene ricoverato in Medicina clinica, al quindicesimo e ultimo piano della torre medica. Lì tutti i posti letto sono già occupati, e così viene trasferito in Chirurgia generale, sempre al quindicesimo e ultimo piano, ma della torre chirurgica. Stesso piano, torri differenti. Stessa altitudine, altre coordinate: ecco come il paziente smarrisce incredibilmente, ad alta quota, il proprio “avatar”. Il contatto non si perde subito, ma dopo un paio di giorni. Mercoledì 24, vigilia di Natale, lo stato di salute di Z.R. viene giudicato in netto miglioramento: non sussistono più le condizioni per il ricovero, da Medicina clinica che l’ha in cura scatta la lettera di dimissioni, ma lui da Chiurirgia generale che lo ospita non se ne andrà.
Il “fantasma” dell’artigiano serbo continua a mangiare, a dormire, a vagare al quindicesimo piano della torre chirurgica fino a martedì scorso, il 30 dicembre, quando al quindicesimo piano della torre medica a qualcuno i conti non tornano. Quella sera la magia del Natale si esaurisce. «Alle ore 19 - si legge nella lettera che il dottor Illicher ha inviato a San Silvestro ai vertici di ospedale, dipartimento e reparto - mentre ero in servizio quale medico di guardia (a Medicina clinica, ndr) sono stato chiamato dal personale della Chiururgia generale per aggiornare la grafica di un paziente ricoverato nominalmente nel reparto di Medicina clinica, ma ospite fuori reparto per carenza di posti letto. Il paziente in questione non figurava tuttavia negli elenchi a disposizione della nostra struttura, dove figurano i nominativi e la dislocazione dei singoli ospiti, né era presente tra quelli del G2 (la lista di ingressi, esami, cure e uscite, ndr). Il paziente risultava dimesso il 24/12, la grafica di terapia risultava aggiornata al 29/12, tuttavia nessun medico aveva provveduto a verificare lo stato di salute ed i bisogni di un ricoverato, dal 24 al 30, limtandosi ad affidarlo al buon senso e alla capacità professionale, queste sì altissime, degli infermieri della Chirurgia generale». «Questo terribile episodio di disorganizzazione, legato alla pervicacia con cui la direzione strategica continua a ignorare nonostante le richieste sindacali esplicitate più volte il fenomeno dei fuori reparto, mi umilia come professionista, mi offende come cittadino, mi spaventa come dipendente», chiude la lettera di Illicher, che a voce rincara la dose: «In 35 anni da medico non mi era mai capitata una cosa del genere, ce lo immaginiamo se questo signore moriva all’ospedale?». Per la cronaca Z.R. è stato dimesso il 31, con un ritardo di «sette notti e mille euro al giorno. Per giunta, insomma, pure un danno erariale enorme».
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