Diga Vecchia, 2 anni a Stopani per truffa

Nascose ai nuovi acquirenti che lo stabilimento non aveva un impianto di depurazione e che quindi era fuorilegge
Di Corrado Barbacini
FOTO BRUNI TRIESTE 04 05 09 FEDERICO STOPPANI DAVANTI ALLA DIGA
FOTO BRUNI TRIESTE 04 05 09 FEDERICO STOPPANI DAVANTI ALLA DIGA

Due anni di reclusione per la truffa (da un milione di euro) sull’Antica Diga. A questa pena è stato condannato lo skipper Federico Stopani, 53 anni, già presidente della “Sailing People”, l’associazione no profit che il pm Federico Frezza ritiene inesistente, anzi costruita ad arte per usufruire di quasi contributi privati e pubblici per quasi due milioni di euro. A pronunciare la sentenza è stato il giudice Francesco Antoni che ha sostanzialmente accolto le richieste del pm di una condanna a 2 anni e 6 mesi. Il difensore Riccardo Cattarini si è battuto per l’assoluzione, perché il fatto non costituisce reato. Nella vicenda era stato coinvolto con le medesime accuse l’ex vicecomandante della Capitaneria Felice Tedone che ha già definito con un’archiviazione la sua posizione, che quindi è stata stralciata dal fascicolo.

Tutto è accaduto nel giugno del 2010, quando stavano iniziando le trattative di cessione dello stabilimento e del ristorante dell’Antica Diga tra la Sailing People e la D'Arcano svluppo srl. Secondo gli investigatori della Guardia di finanza Federico Stopani (e Felice Tedone che fungeva da portavoce e mediatore), durante la trattativa avevano nascosto alla controparte che sulla Diga vecchia non esisteva la fognatura e che il sistema di depurazione della acque era stato posto sotto sequestro nell’ambito di un procedimento penale. Insomma quella fascia di terra non averebbe mai potuto diventare un vero e proprio luogo pubblico.

Il trucco era stato quello della Sailing People. In particolare Sergio D’Arcano, Franco Brumat, Francesco Comotti, Bruno Gomisech, Guerrino Lubis, Argeo Romano e Luisa Seppo, erano stati indotti, sempre secondo l'accusa, a far parte dell'inesistente associazione Sailing People, assumendosene i cospicui debiti. Quelli dichiarati raggiungevano quota un milione e 200 mila euro, ma poi il buco si era rivelato di gran lunga superiore.

Inoltre Federico Stopani aveva ottenuto dai compratori, o meglio da chi voleva subentrare nella concessione ottenuta dalla Sailing People, un contratto di consulenza di 400 mila euro. Insomma un affarone, ma solo per chi vendeva.

«Non ho visto un soldo di questa ingente somma che rappresenta quanto personalmente ho investito nella valorizzazione della diga, assieme ai miei familiari», aveva spiegato lo skipper. Ma le sue giustificazioni non sono servite a nulla.

Stopani aveva anche dichiararo che la «Sailing People era una associazione vera, non fittizia». Ma per la Procura, al contrario, l’associazione non ha mai organizzato né riunioni né assemblee ed è quindi inesistente. Insomma solo un club fantasma, una macchina per chiedere e ottenere finanziamenti. I verbali delle riunioni erano addirittura falsi. Inoltre nel capo di imputazione viene sottolineato come l’inagibilità, l’assenza della fognatura e il sequestro dell'impianto di depurazione delle acque hanno reso la diga inutilizzabile. Ecco il motivo per cui è stato contestato anche l’aggravante di aver provocato un ingente danno patrimoniale.

«La sentenza di condanna nei confronti di Stopani non è una vittoria. Piuttosto è una soddisfazione, perché finalmente è venuta fuori la verità», commenta Franco Brumat, uno degli imprenditori danneggiati dalla maxitruffa dell’Antica Diga. Che gestisce attualmente l’attività che è perfettamente operativa. Aggiunge: «Ho investito molti soldi in quella struttura, anche perché Trieste mi ha dato da vivere. Lì mi avevano assicurato che tutto era agibile, ma in realtà la Diga era senza impianti e senza agibilità».

L’inchiesta ha definito comunque anche il ruolo singolare e bizzarro per un alto ufficiale svolto del capitano di vascello Felice Tedone che a fine 2010 aveva lasciato la Capitaneria di Porto di Trieste per Ancona. Aveva svolto il ruolo di “portavoce e mediatore” nella trattativa perché, secondo l’ipotesi del pm, era interessato “in proprio” a far gestire le attività sulla Diga vecchia da sua figlia o dalla società Nereide srl ad essa collegata.

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