Difesa del Teatro nazionale, a Tirana si scatena la piazza
BELGRADO Proteste e rabbia crescente, non solo nel mondo degli intellettuali, ma anche nell’agone politico. È quella che da mesi pervade Tirana, capitale albanese che da anni sta cambiando, in meglio, il suo volto pubblico, con palazzi rinnovati e abbelliti, più verde, progetti architettonici d’avanguardia. Ci sono però anche dei ma. Il più grande porta il nome di “Teatri Kombetar”, il Teatro Nazionale, ospitato dal 1947 nel cuore della capitale in uno degli edifici più carico di storia, in Albania, progettato nel 1938 in stile razionalista su disegno dell’architetto italiano Giulio Bertè, per dare un volto nuovo, monumentale, a Tirana.
Costruito per ospitare il Circolo italo-albanese e il cinema-teatro “Savoia”, fu poi trasformato in sede del Teatro più importante del Paese delle aquile.
E rimane ancora apprezzatissimo palcoscenico in città. Ma il Teatro – e la sua eredità storica – potrebbero avere vita breve. Lo hanno denunciato nuovamente giovedì, durante una sentita protesta inscenata davanti al Parlamento, decine di attivisti, attori e intellettuali, che hanno chiesto al governo di fermare i piani per la demolizione dell’edificio, issando cartelli con su scritto «il teatro siamo noi».
Attivisti che vedono come fumo negli occhi il progetto di sostituire il vecchio teatro con uno nuovo e modernissimo, più capiente e degno di una capitale europea, progettato dal Bjarke Ingels Group. Per edificare il nuovo teatro, il governo userà la formula della «partnership pubblico-privata», di fatto “regalando” a un’impresa privata locale i terreni. Impresa che, in cambio della costruzione della nuova arena, riceverà il permesso di erigere nell’area anche palazzi alti fino a venti piani.
Il tutto dopo aver buttato giù il vecchio Teatri Kombetar, ormai in condizione pessime – anche a causa dei materiali usati nella costruzione originaria, incluso l’ormai dimenticato e autarchico “Populit” -, ha assicurato il ministro della Cultura, Mirela Kumbaro. Rassicurazioni che hanno persuaso pochi, di certo non le migliaia di persone che hanno firmato una petizione contro l’abbattimento del teatro. E neppure l’attore Bujar Asqeriu, che citato dalla Reuters ha detto che il governo deve «pensarci su due volte prima di distruggere il nostro teatro, la cultura e storia».
A rendere più complicata la questione, la discesa in campo dell’opposizione di centrodestra, da mesi in rotta di collisione con il governo anche con dure proteste di piazza. Opposizione che ha preso le parti dei difensori del teatro, accusando il premier Rama di essere «ingordo di denaro» e di voler «appropriarsi di terreni pubblici per il proprio interesse», ha accusato il leader del Partito democratico, Lulzim Basha.
Si tratta di una «truffa» che porterà alla distruzione di un edificio pietra miliare del «patrimonio culturale», ha rincarato la deputata Albana Vokshi. Parole e appelli che non hanno fermato la maggioranza di governo, che ha dato luce verde giovedì notte una legge che spalanca le porte alla demolizione del teatro. Ma la guerra è solo all’inizio. —
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