Dieci anni di trekking in giro per il mondo: così Alessio risponde alla fibrosi cistica
TRIESTE Ha il sapore di un destino che non si poteva ignorare, poter festeggiare dieci anni di trekking lungo le vie più impegnative del mondo. Dal Cammino di Santiago alla via Francigena, passando per l’Annapurna e il Sentiero degli Dei nell’Appennino tosco-emiliano: ogni anno un percorso diverso, dal 2010 a oggi.
Non sarebbe un’impresa se il protagonista fosse una persona in piena salute. Lo diventa se pensiamo che a percorrere oltre 7 mila chilometri (finora...) è stato un giovane con una malattia che indebolisce in primis i polmoni, organo fondamentale per chi fa sforzi fisici.
Ma per Alessio Tomasella, classe ’84 nato con la fibrosi cistica, camminare è ormai parte dell’esistenza. Almeno da un decennio a questa parte (le sue storie si possono vedere su Instagram: a.salty.life).
Dal letto dell’ospedale Burlo Garofolo, dov’è ora ricoverato per controlli di routine, Alessio ricorda di come galeotto fu il dialogo con un amico che, anni addietro, gli raccontò la magia del Cammino di Santiago. Tanto da stregarlo e indurlo a mettersi in gioco in prima persona. «Ho deciso di compiere il mio primo trekking affrontando il Cammino in solitaria, ben sapendo che si parte da soli ma si arriva in compagnia. Così ho iniziato la preparazione fisica facendo regolari camminate in montagna», racconta. Da lì non si è più fermato, pianificando percorsi sempre diversi: ancora Santiago nel 2012, il Cammino del Nord nel 2013, il Nepal nel 2017, dove ha toccato quota 5500 metri senza l’ausilio del respiratore, lungo il giro dei tre passi (Cho La, Kongma La e Renjo La) con sosta al campo base dell’Everest. «Camminare è una fisioterapia continua, meglio delle medicine», spiega Tomasella, che a lungo è stato vegetariano e ha addirittura rinunciato (sotto controllo medico) ai farmaci che la sua condizione gli imponeva.
Per chi non fosse familiare con la fibrosi cistica e le sue manifestazioni cliniche, basti dire che un’anomalia nei canali che regolano gli scambi fra interno ed esterno delle cellule fa sì che le vie aeree si riempiano di muco, causando fra l’altro notevoli difficoltà respiratorie. Una condizione che richiede l’assunzione di farmaci specifici, vitamine, enzimi pancreatici e che – per l’affanno e le difficoltà di respirazione – ricorda molto da vicino quel che accade a chi, di questi tempi, è malato di Covid-19.
Alessio, rientrato dall’ultima impresa, il Cammino di Santiago in invernale, ha fatto appena in tempo a schivare la quarantena da coronavirus. Ma è comunque in ritiro forzato: «Forse è un bene, quest’ultimo ricovero ospedaliero, perché noi fibrocistici siamo particolarmente a rischio», osserva. Ma non si sofferma a lungo sulla malattia e riprende a lavorare di immaginazione pensando ai prossimi trekking: «Appena quest’emergenza finisce inizierò a pianificare il prossimo cammino. Vorrei alzare l’asticella: Kilimangiaro o, forse, Aconcagua». —
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