Dicembre 2019, come eravamo. Vita a Trieste prima del Covid tra valzer e mercatini natalizi

Il mese di dicembre 2019 fu spensierato e allegro, la città piena di turisti: sembra un secolo fa... Ma già c’era quella strana, aggressiva influenza che spesso sfociava in polmonite
Foto BRUNI 01.01.2019 Capodanno in piazza Unità
Foto BRUNI 01.01.2019 Capodanno in piazza Unità

TRIESTE «Cinque-quattro-tre-due-uno». E la folla deflagra. «Auguri, buon 2020 a tutti, buon anno Trieste». Sul palco di una piazza Unità, piena come un uovo allo scoccare della mezzanotte, saltano i tappi delle bottiglie di spumante, centinaia di persone urlano euforiche, si abbracciano, si baciano. Giovani, ma non solo, anche molte famiglie scese in centro dopo il cenone per accogliere il 2020. Ballano, cantano, si lasciano ipnotizzare dallo spettacolo pirotecnico che illumina improvvisamente il cielo sopra il mare di Trieste, davanti alla Diga. Nessuno avverte più il freddo. Una scena, che con sfumature diverse, va in onda anche nelle altre città della regione e d’Italia. Nessuno può ancora sapere.



IN PIAZZA

Sul palco il talentuoso comico triestino Andro Merkù e la presentatrice Martina Riva scaldano gli animi. I dj Carlo Pontoni, Alexino e Stefy De Cicco, indiavolati, sparano musica a manetta. «Dai che nel 2020 usciremo definitivamente dalla crisi», preconizzano i più ottimisti. E riparte il refrain. «Auguri Auguri, buon 2020». Un anno dopo può suonare come una bestemmia. Nessuno può lontanamente immaginarsi di come a marzo andremo a schiantarci, in balia di un nemico invisibile, di un maledetto e vigliacco virus che ci ha colti tutti impreparati e che ci ha costretto a barricarci nelle case perchè senza difese. Andavamo incontro a un anno da incubo senza poterne avere coscienza.



Ma il Maledetto ci stava già spiando in silenzio, nel dicembre di dodici mesi fa, e anche prima. Era già tra noi, in un periodo in cui, rispetto a oggi, sembrava di vivere in un altro mondo. Più normale. Sgombro di mascherine, senza gente distanziata, senza gel igienizzanti da spruzzare ogni momento sulle mani, senza termoscanner, senza coprifuoco serale e senza le zone colorate. Qui, una volta si parlava solo di Zona B, dove si andava a prendere benzina e comprare carne a buon mercato grazie al vantaggioso cambio con il dinaro.

I SOSPETTI

Quella bestia senza forma ci stava già spiando, acquattata nell’ombra, pronta ad attaccarci per spargere il suo veleno, a volte letale, come un serpente a sonagli. Non c’è peggior nemico di quello che non si conosce e non puoi combattere. A Trieste, come in tutto il Friuli Venezia Giulia, non c’era la minima percezione di un imminente pericolo. Wuham, con i sui primi casi di coronavirus di fine anno, era una città ai più ancora sconosciuta. Dalle immagini delle televisione sembrava il set del film Blade Runner di Ridley Scott. Una città buia, livida, deserta, presidiata solo da uomini armati. La Cina non era ancora così vicina. Solo il 10 gennaio le autorità di Pechino comunicheranno al mondo la presenza del virus; del 30 gennaio i primi due casi in Italia, curati allo Spallanzani, importati dall’Oriente.

Coronavirus, a Trieste nei locali orientali calo della clientela del 30%
Un ristorante cinese a Trieste

Ma le lancette dell’orologio si possono portare anche molto più indietro di dicembre. Suggestione? Ipotesi? Qualcosa di più. Già tra settembre e dicembre 2019, alcuni medici di base, a Trieste, avevano segnalato la presenza di un’influenza anomala, molto aggressiva, cattiva, molto resistente che spesso sfociava in broncopolmonite. «Mai stato così male in vita mia, temperatura quasi a 40, dolori alle ossa, spossatezza. Un’influenza che non voleva arrendersi malgrado le massicce dosi di antibiotici», racconta un quarantenne che vuole restare anonimo. Ma allora non c’erano sufficienti indizi per ipotizzare l’arrivo di uno tsunami da 69 mila morti solo nel nostro Paese. La tesi “sulle avanguardie del virus” è avvalorata anche da un’indagine dell'Istituto dei tumori di Milano e dell'università di Siena che, analizzando i campioni di sangue prelevati tra settembre 2019 e marzo 2020 ai partecipanti ad uno screening sul tumore al polmone, ha trovato gli anticorpi al SarsCov2 nell'11,6% dei presenti. Il “mostro” - sembra - era qui, in Italia, ben prima di febbraio. Un’altra conferma arriva dall'Istituto Superiore di sanità per quanto riguarda le acque di scarico di Milano e Torino.

Il docente Mauro Giacca, alla guida di un team di ricercatori al King’s College di Londra, lascia aperta la porta a questa ipotesi secondo la quale il virus avrebbe giocato d’anticipo: «Considerando che i ricercatori di Wuhan hanno comunicato la sequenza del virus il 19 gennaio 2020, abbiamo stimato che per essere arrivati a quel punto devono aver iniziato l’isolamento del virus stesso non dopo settembre-ottobre 2019. Questo vuol dire che era in giro probabilmente ancora diversi mesi prima. Quindi molto facile che sia circolato anche in Italia ben prima della fine dello scorso anno, soprattutto visto che l’Italia è stato il secondo paese colpito in ordine di tempo dopo la Cina. Ora però la broncopolmonite da Covid-19 ha delle caratteristiche radiologiche molto precise, e sarebbe quindi possibile andare a vedere quelle fatte con quei pazienti. Basterebbe semplicemente anche testare la presenza di anticorpi nel sangue di quelle persone e vedere se sono positivi per coronavirus. Se lo sono l’ipotesi che quelle malattie fossero dovute al virus rimane plausibile».

Foto BRUNI Trieste 14.12..2019 Valzer in piazza UnitÃ
Foto BRUNI Trieste 14.12..2019 Valzer in piazza UnitÃ

LA PREMONIZIONE

Ma non basta. Il Fvg ha avuto una sorta di premonizione a metà novembre, quasi la giunta Fedriga avesse la sfera di cristallo. «Davanti al rischio di svuotamento di ospedali e distretti sanitari, il governo regionale sembra orientato a correre ai ripari aprendo la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato con i medici in pensione». Dopo velleitarie riforme e controriformne sanitarie e riorganizzazioni, quasi sempre al ribasso, che hanno depauperato gli ospedali, ecco un’implicita ammissione da parte delle istituzioni che i nosocomi erano rimasti sguarniti. I sindacati di categoria non tardano a farsi sentire con una manifestazione di protesta l’11 dicembre sotto il Consiglio regionale per la carenza di risorse e personale. Questo quadro conferma che non c’è un grande esercito (sanitario) pronto per la grande battaglia che lo aspetta nel 2020 contro il Covio-19. E non è neanche ben “armato”.

TURISMO NATALIZIO

Ignari della guerra planetaria, della pandemia, che da lì a poco sarebbe scoppiata, il fiume della vita a dicembre scorreva in modo tranquillo a Trieste e un po’ dappertutto. In mezzo a luminarie e addobbi, cullati nella consueta placida e rassicurante atmosfera natalizia, era cominciato il consumistico rito dei pacchi e pacchetti. La solita sfrenata corsa ai regali. Trieste pullula di turisti attratti dal mare d’inverno ma anche dai suoi mercatini, finalmente decenti. Gli alberghi per Capodanno sono sold-out. Ottanta casette di legno disseminate per il centro storico con ambulanti provenienti da 13 Paesi che espongono cibo e merce di qualità attirano i visitatori. Dagli stand che vendono dolciumi, sul canale di Ponterosso, arrivano fino al mare, mischiandosi agli odoro salmastri, i profumi caratteristici del Natale.

L’apoteosi dei torroni, mandorlati artigianali, marzapani. Più in là il vento molesta le narici con il profumo tipico della cucina mitteleuropea: salcicce, crauti, porcina. Gusto e olfatto molti poi lo perderanno per settimane in battaglia a causa del Maledetto. Nessuno ha ancora paura di accalcarsi, nessuno si agita se sente il fiato sul collo di chi sta dietro. Ci si poteva sfiorare senza avere paura di morire. I commercianti triestini organizzano un godibile evento il 20 di dicembre. Da piazza Sant’Antonio a piazza Oberdan, in borgo Teresiano, ai passanti vengono offerti panettone, bollicine e prosciutto caldo.

Ma ancora prima, il 14 in piazza Unità, c’è una manifestazione che oggi verrebbe censurata e stroncata sul nascere. Trieste va di nuovo a caccia del record del valzer più affollato del mondo nelle splendida location, tutta illuminata, davanti al Municipio. In un’atmosfera magica, tipicamente viennese, sottolineata dalle note dei valzer più celebri, dame e cavalieri si esibiscono in piazza Unità. Tutto molto suggestivo ma niente primato.

Nuovo giro di valzer in piazza Unità a Trieste


LA SOLIDARIETA'

C’è posto, nel copione natalizio, anche per la beneficenza e la solidarietà, per tendere la mano agli Ultimi. Come di consueto, la Comunità di Sant’Egidio promuove il pranzo di Natale alla Marittima e anche le mensa dei frati cappuccini a Montuzza offre panettone e dolciumi, oltre al solito pranzo, ai bisognosi. Oggi tutto questo è impraticabile, sarebbe come aprire la porta al Maledetto. Ecco i poveri, anche quelli che non sono stati contagiati, sono le altre vittime del Covid, ne hanno subito almeno gli effetti collaterali. Ci sono anche meno soldi per le iniziative benefiche, alla Caritas il piatto piange. I senzatetto dovranno accontentarsi dei cestini, il boom del cibo per asporto. E quest’anno ci faremo gli auguri con più cautela, quasi sussurrati per prudenza e paura. I vacccini sono dietro l’angolo, ma il Maledetto è sempre in circolazione. Pronto a colpire. Perfino la scatola del panettone bisognerà igienizzarla. E per Capodanno dovremo accontentarci di un ballo in maschera, anzi in mascherina, tra le mura domestiche. —


 

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