Diamanti e lingotti nel “forziere di Tito”

Tre consiglieri presidenziali hanno aperto la cassaforte del Maresciallo. La nipote denuncerà Nikolic

BELGRADO. Sono entrati nella Banca nazionale serba, ne hanno percorso i lunghi corridoi, poi sono scesi nei sotterranei che custodiscono i forzieri super-protetti. Alcuni lo sono più di altri, come quello che da più di 30 anni cela il misterioso “tesoro di Tito”. Anzi, celava. Perché dalla settimana scorsa l’enigma sul contenuto della cassaforte del Maresciallo è stato risolto, almeno per i tre componenti della commissione governativa serba – i consiglieri presidenziali Oliver Anti„, Milorad Šimi„ e Nenad Jevremovi„ - incaricata di aprire per conto del presidente Tomislav Nikoli„ la cassaforte dell’ex leader jugoslavo. Anti„, Šimi„ e Jevremovi„ che, per ora, nulla hanno detto su quanto trovato alla Nbs. Ma il quotidiano “Danas” ha rivelato ieri ai suoi lettori quanto sarebbe contenuto nel “Titov sef”, il forziere di Tito, almeno secondo una lista compilata nel 1982 dall’allora Banca nazionale jugoslava. Se le informazioni riportate sono corrette e se nessuno ha spogliato negli scorsi decenni il tesoro di Tito – e lo si saprà entro sabato prossimo - l’uomo forte della Jugoslavia socialista lasciò in eredità un discreto tesoretto. La lista comprende «2.663 monete d’oro di varie dimensioni», «lingotti e polvere d’oro» per un peso di 29,3 chilogrammi. In più, Tito aveva collezionato tredici «decorazioni» e 149 gioielli con «brillanti, diamanti e oro» appartenuti alla famiglia» reale dei Karadjordjevi„, diciotto set di posate d’argento e altri «oggetti di valore inferiore», come «gemelli da camicia, portasigarette, medaglioni e portachiavi». Un po’ di contante, infine. Per la precisione, 26.619 dollari americani, 36mila marchi tedeschi e 2.200 corone danesi. Tutti preziosi di cui non è chiara l’appartenenza e che renderanno ancora più infuocata l’annosa battaglia legale sull’eredità di Tito, che ha come protagonisti la vedova, Jovanka, il figlio del Maresciallo, Mišo, e uno stuolo di nipoti. Nipoti tra i quali si annovera Svetlana Broz, che avrebbe annunciato la sua intenzione di denunciare il presidente serbo Nikoli„ per aver ordinato l’apertura dello scrigno del nonno senza che presenziassero all’evento gli avvocati dei parenti di Tito o rappresentanti nominati dal tribunale che si occupa della questione. «Lo confermo, quanto fatto è fuori dalla legge serba e Nikoli„ ha violato anche la Convenzione europea che prevede un processo equo», rivela al telefono da Sarajevo, dove vive da più di un decennio e dove si batte per il superamento delle divisioni interetniche e per i diritti umani. «Non ho idea perché Nikoli„ si sia mosso così, forse perché pensa di essere sopra la legge», aggiunge. Riguardo alle indiscrezioni della stampa sul tesoro del nonno, Broz è infine laconica. «Non sapremo mai cosa c’era dentro», chiosa, perché la cassaforte è stata aperta solo alla presenza della commissione governativa. E il mistero continua a rimanere fitto.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:titotesoro

Riproduzione riservata © Il Piccolo