Diaco, debito di 1,4 milioni con Inps La Procura chiede il fallimento
La società tira avanti grazie alle ore regalate dagli operai. Produce ma non guadagna e la voragine si allarga
TRIESTE. I conti della ”Laboratori Diaco Biomedicali spa” non tornano e la Procura della Repubblica ha chiesto il fallimento della società. L’istanza, firmata dal pm Federico Frezza, verrà discussa il prossimo 20 gennaio in un’udienza già convocata dal presidente del Tribunale fallimentare Giovanni Sansone. Sarà il giorno della verità o per lo meno dell'inizio della sua totale emersione.
La richiesta di fallimento presentata dall’Ufficio del Pubblico ministero è diretta conseguenza del notevole debito che la ”Diaco Laboratori” ha accumulato con l’Istituto nazionale della previdenza sociale: raggiunge un milione e 400 mila euro, ma al di là della somma già di per se imponente, emerge un altro dato preoccupante: tra l’estate e l’autunno il debito si è notevolmente appesantito.
Ogni mese della casse della società di cui è leader Pierpaolo Cerani, dovrebbero uscire in direzione di ”Equitalia” - incaricata della riscossione del debito contratto con l’Inps - circa 60 mila euro. Al contrario la ”Diaco Laboratori” per mesi e mesi si è limitata a pagarne solo 20 mila. In sintesi ha versato solo la somma delle quote che sono a carico dei suoi circa 130 dipendenti. I vertici agendo in questo modo hanno evitato la denuncia penale ma il debito con l’istituto previdenziale, secondo le analisi della Procura effettuate alla fine dello scorso novembre, continua a crescere al ritmo di 45mila euro al mese: 1500 euro al giorno. La crescita del debito previdenziale appare, secondo l’analisi effettuata dalla Guardia di Finanza, incontrollata e inarrestabile e oltre a creare una forte preoccupazione non solo a livello sindacale, rappresenta i sintomi di un probabile stato di insolvenza e decozione. Tra giugno e ottobre il debito con l’Inps è cresciuto di almeno 250 mila euro in un cupo quadro aziendale sia a livello di ricavi che di acquisizione diretta di nuovi contratti.
La società, in altri termini non guadagna. Al contrario spesso perde. Se di recente i conti dell’ultimo di gestione non sono risultati in rosso, questo è dovuto unicamente alle due ore di lavoro ”non retribuito” che ognuno dei dipendenti ha offerto gentilmente all’azienda per tentare di salvare, in base a un accordo sindacale, il proprio posto di lavoro. Ma è una situazione assolutamente straordinaria che non può protrarsi a lungo anche perché in astratto qualcuno potrebbe leggervi una violazione dalle norme sulla concorrenza. Altre imprenditori dello stesso settore potrebbero chiedere ai propri dipendenti di lavorare tre ore alla settimana gratuitamente, distruggendo così tutto il quadro dei diritti, dei doveri e dei prezzi.
Inoltre la ”Laboratori Diaco Biomedicali spa”, non può più concorrere agli appalti pubblici perché non è in possesso del ”Durc”, il Documento unico di regolarità contributiva. Quando sono emersi i debiti con l’Inps, il certificato è stato disattivato e per muoversi sul mercato della sanità pubblica italiana, la società è costretta a rivolgersi a un intermediario che ovviamente pretende una percentuale di denaro per il servizio svolto. Questo passaggio ineludibile si riflette ovviamente sui ricavi aziendali. Certo è che la notifica dell’istanza di fallimento, ha provocato uno ”scossone”. L’atto della Procura porta la data dello scorso 10 dicembre e già il giorno 16 la ”Laboratori Diaco Biomedicali spa” ha versato dopo mesi e mesi di pagamenti parziali dell’Inps , l’intera somma dovuta congiunta a quanto ”Equitalia” pretende ogni mese per ripianare il debito pregresso di un milione 400 mila euro.
L’istanza firmata dal pm Federico Frezza, congiunta alla data dell’duienza fissata già al 20 gennaio, hanno fatto affluire nelle casse pubbliche quasi 100 mila euro, attesi da tempo. Ora gli inquirenti attendono il 16 gennaio quando un altro versamento dovrebbe essere effettuato. L’udienza in cui si discuterà del fallimento è alle porte e in questa stagione dell’anno talvolta i ”miracoli” avvengono.
Va infine aggiunto che la Procura ha potuto presentare l’istanza di fallimento, solo perché ha acquisito le informazioni necessarie nell’ambito di un’altra inchiesta, aperta da tempo, che coinvolge l’attività di Pierpaolo Cerani in Slovenia. Suoi partner l’hanno denunciato per truffa e il fascicolo è da tempo sul tavolo del pm Federico Frezza. La nuova legge fallimentare varata dal Governo Berlusconi, non consente più alle Procure di chiedere direttamente il fallimento di questa o quella società, come avveniva in precedenza. E’ tassativo che sia già aperto un altro fascicolo di indagine.
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