Di Maio approda a Palmanova e studia il debutto dei “facilitatori”
TRIESTE L’imperativo è uscire dalla crisi di consenso che attanaglia il Movimento 5 stelle, logorato dal governo in condominio con la Lega. E così stasera il vicepremier Luigi Di Maio arriverà a Palmanova per illustrare a eletti e iscritti il rilancio organizzativo con cui i pentastellati sperano di risollevarsi. Il M5s viene infatti dal pesante insuccesso delle europee, che in Friuli Venezia Giulia hanno visto il Movimento raccogliere 55 mila voti contro i 169 mila delle politiche. Un tracollo cui si è sommata l’assenza del simbolo alle amministrative, con l’eccezione di un solo comune sugli oltre cento chiamati al voto.
Il ministro dello Sviluppo economico non ha voluto alcuna grancassa, perché l’incontro è a uso interno e servirà a illustrare la strategia per tentare una ripartenza, tanto più che il clima romano è incandescente e l’eventualità di nuove elezioni è tutt’altro che remota, tra finanziamenti russi alla Lega, scontro sul sostegno grillino alla Commissione europea e il consueto ping pong di polemiche tra alleati che si trascina da mesi su ogni scelta. L’incontro è fissato per le sette e mezza al Meeting Point di Palmanova: accreditati 250 iscritti mentre alla stampa non sarà consentito l’ingresso.
Il Fvg è una delle prime tappe di questo tour di rivitalizzazione per presentare un modello organizzativo che verrà poi sottoposto al voto su Rousseau, dove l’approvazione pare come sempre scontata. Tutto parte dalla constatazione che gli eletti non stanno svolgendo quel lavoro politico necessario per tenere viva la partecipazione e rimettere in sesto meetup sempre più abbandonati a sé stessi. Servono figure di coordinamento che curino l’organizzazione e mettano fine al caos interno, ammesso a febbraio dopo le batoste prese in Piemonte e Sardegna.
Il riassetto è stato annunciato in quell’occasione e l’iniziativa è stata definitivamente lanciata via social una settimana fa: «Il Movimento è resiliente! Parte il percorso per una nuova organizzazione». Il capo politico parla di «ennesima rivoluzione del Movimento» e lancia i «facilitatori» nazionali e regionali. Secondo Di Maio, «ci serve un’organizzazione che copra tutto il territorio nazionale. Ci danno per morti per l’ennesima volta. Ma ogni volta che abbiamo trovato un ostacolo ci siamo evoluti e siamo ripartiti più forti di prima».
I facilitatori regionali saranno tre nelle piccole regioni e cinque in quelle più grandi: saranno eletti dalla base e si divideranno i compiti politico-organizzativi. Probabile che fra i prescelti finiranno i parlamentari Sabrina De Carlo e Luca Sut, con la prima che da settimane pubblicizza peraltro il suo “Informatour”, ovvero una fitta serie di tappe in giro per la regione, a base di aperitivi, volantinaggi e chiacchierate con gli elettori in caffè e mercati durante il weekend. Più defilato su questo fronte sembra al momento Sut, mentre Stefano Patuanelli ha già le sue gatte da pelare come capogruppo al Senato.
Il leader del Movimento ha chiarito che i facilitatori nazionali saranno 18 e saranno pescati fra parlamentari senza incarichi pesanti, portavoce locali e semplici attivisti, ma pare difficile che questi ultimi si facciano tentare da un incarico oneroso e senza stipendio. Di Maio lo chiama “Team del futuro” e di fatto fa fare al M5s un passo verso la forma partito, prefigurando una sorta di segreteria politica e dei segretari regionali. Dodici facilitatori si occuperanno di sviluppare la proposta politica, dall’ambiente all’economia, passando per giustizia, sanità, innovazione ecc.: i candidati al ruolo saranno eletti, dovranno avere competenze dimostrabili e presentarsi con un progetto e un team di cinque esperti e tre portavoce eletti rispettivamente in Parlamento, Regione e Comune. Altri sei facilitatori cureranno invece la macchina, occupandosi ad esempio di comunicazione, formazione, candidature: sarà questo il nucleo della riorganizzazione, nominato direttamente da Di Maio senza voto on line.
La rivoluzione organizzativa non passa solo da qui. Il rischio di trovarsi senza classe dirigente a causa del tetto dei due mandati porta Di Maio ad annunciare l’idea del «mandato “zero” dei consiglieri comunali: significa che il primo mandato si neutralizza e non vale per la regola dei due mandati. Il mandato zero servirà a fare esperienza». In pratica si permetterà al consigliere comunale al secondo mandato di farne un terzo in Consiglio regionale o in Parlamento. Uno schema che taglierebbe fuori Patuanelli dal bis a Roma, a meno che in caso di elezioni anticipate non si opti per non conteggiare il mandato ricoperto dai parlamentari in una legislatura così breve.
L’ultima misura riguarda invece il rapporto tra M5s e liste civiche. Per Di Maio si tratta di «capire se su alcuni territori è arrivato il momento di presentarci alle elezioni comunali o regionali insieme a liste di movimenti e comitati con cui abbiamo già collaborato». In Fvg non si vedono per la verità casi del genere e non resterebbe che imbarcare qualche singolo elemento, come d’altronde è già stato fatto nel caso dei comitati della sanità. —
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