Di Finizio sull’Ursus costa 330 euro al giorno
E se lo Stato presentasse il conto? Già, perché le plateali proteste di Marcello Di Finizio, l’imprenditore della Voce della luna appollaiato in cima all’Ursus in Molo Quarto, hanno un costo. E’ la somma che la collettività paga per la presenza quotidiana delle forze dell’ordine, pronta a intervenire in caso di emergenza. O dei vigili del fuoco, sul posto quando Di Finizio aveva ripreso a Trieste l’ennesima performance dopo aver scalato la Cupola di San Pietro. Con oggi sono 24 giorni che il titolare del noto locale del lungomare di Barcola è sul pontone con la sua tenda. I triestini ci hanno fatto quasi l’abitudine e l’effetto “blitz” è ampiamente svanito. Ma il saldo cresce. Prendendo soltanto quest’ultima protesta, dunque senza considerare le precedenti, Di Finizio sta già pesando sulle tasche dei contribuenti per quasi 8 mila euro. Sono 330 euro al giorno. La cifra emerge mettendo in rapporto la paga media mensile di un poliziotto (compresa, grossomodo, tra i 1.200 euro di un agente appena entrato e i 1.700 di un collega con anzianità) per il numero di giorni di permanenza del manifestante, moltiplicato per quattro visto che quattro sono gli uomini che la Questura manda ogni giorno per coprire due turni: da mezzanotte alle sette, dalle sette all’una. A ciò vanno aggiunti i 13 euro di “indennità di ordine pubblico” riconosciuta a ciascun agente. Tendo conto di tutto questo (la polizia si alterna con i carabinieri) si arriva così a 7.250 euro. Ma non vanno dimenticate le risorse che i vigili del fuoco hanno impiegato il primo giorno in cui Di Finizio si è arrampicato sull’Ursus: un mezzo con 5 uomini, così si muovono, costa 130 euro all’ora. I pompieri sono rimasti sotto al pontone, lì per qualsiasi evenienza, per 5 ore. Fa 650 euro. E così, tra polizia e vigili, si raggiungono 7.900 euro, 330 al dì. Tanto? Poco? Ma, soprattutto, fino a quando? E poi, perché? La protesta dell’imprenditore, che peraltro ha creato noie alla Rai per le riprese del Giro d’Italia a Trieste, appare sempre più difficile da spiegare. Come noto Di Finizio ce l’ha con la direttiva europea, la Bolkestein, che nel 2020 (inizialmente la data era il 2015, poi prorogata) manda a gara le concessioni demaniali. Per i principi di concorrenza qualsiasi bene pubblico, sottoposto a concessione, è soggetto a gara. Inoltre, oltre al fatto che di qui al 2020 il gestore del locale avrebbe 6 stagioni per ripartire e quindi rientrare nei costi, il Comune ha appena consentito a Di Finizio una proroga di tre mesi per presentare le controdeduzioni alle procedure di revoca della concessione, scattate d’ufficio per ovvi motivi: sicurezza per un’ area chiusa da anni, morosità e mancati introiti che invece un altro imprenditore potrebbe garantire alla città creando lavoro. Come fa notare il sindaco Cosolini, il Comune in più occasioni ha provato a far ragionare Di Finizio suggerendogli di trovare un socio disponibile a investire per riprendere l’attività. Niente da fare.
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