“Dhome”, negozianti e residenti in campo contro il nuovo locale

Raccolta di firme in calce a una lettera da inviare a Comune, Vigili del fuoco e Ass per sapere se tutto sia stato fatto a norma di legge. La proprietà: sconfortante. Fipe: così si scoraggiano gli investitori
Di Laura Tonero
Foto Bruni 22.12.13 Discobar Dhome: i lavori
Foto Bruni 22.12.13 Discobar Dhome: i lavori

A pochi giorni dall’apertura di Dhome, il locale da 350 metri quadrati in via delle Beccherie, e dopo che la Questura ha fatto slittare l’inaugurazione chiedendo ulteriori ragguagli sulle modalità di gestione del ritrovo (che prevede varie aree dedicate a bar, ristorazione, ballo e spettacoli dal vivo), un gruppo di residenti e commercianti della zona alza la voce. Lo fa raccogliendo delle firme e indirizzando una lettera a Comune, Comando provinciale dei vigili del fuoco e Dipartimento di prevenzione e tutela della salute negli ambienti di vita dell’Azienda sanitaria. Una copia della missiva è stata appesa anche ai portoni dei palazzi di via delle Beccherie, via Tor Bandena e delle viuzze attigue invitando gli interessati a sottoscriverla rivolgendosi entro il 29 dicembre al negozio Max&Co di piazza della Borsa.

«Noi però non abbiamo nulla a che vedere con l'iniziativa e con eventuali proteste, - spiegano dal negozio - abbiamo inteso solo fare un favore a un residente del palazzo di via Tor Bandena nel tenere a disposizione degli abitanti dell'immobile questo documento. Non lo sottoscriviamo e non abbiamo nulla contro Dhome. Siamo stati coinvolti in un meccanismo che non approviamo».

Portavoce dei residenti e degli operatori della zona è l'avvocato Aldo Napolitano che abita proprio in uno dei palazzi di via Tor Bandena. Oltre una decina i residenti che si sono già presentati a firmare la lettera. «I sottoscritti - vi si legge - consapevoli che il locale Dhome è destinato a ospitare attività con notevole afflusso di pubblico che possono comportare problemi per la sicurezza delle persone e dell'abitato vista la presenza di impatti acustici rilevanti, chiedono se sia nella fase di progettuale inerente l’ottenimento dei pareri obbligatori e degli atti abitativi, sia nella fase di notifica dell'inizio attività, risultino rispettati tutti i parametri e i criteri di legge».

Chi ieri rientrava nei palazzi accanto al nuovo locale non nascondeva perplessità. «Firmerò sicuramente quel documento - dichiara Livia Zanieri, residente in via delle Beccherie - si sono preoccupati dei giovani e non del mio diritto a stare in santa pace».

La proprietà di Dhome qualche lamentela da parte dei residenti l'aveva messa in conto «ma sono rimasto sorpreso dalle modalità e dai toni usati», spiega Fulvio Venturi, proprietario di Dhome. «È sconfortante per un imprenditore avere simili reazioni - continua - ma sono certo che le cose si sistemeranno. Io vivo in questa zona e nella fase di progettazione e realizzazione ho preteso vengano attuate tutte le soluzioni idonee a rendere la struttura un valore aggiunto per quest’area e non un danno».

Alessio Grison, il giovane architetto che ha firmato il progetto, sostiene che «nessun residente ha mai bussato al cantiere o mi ha chiesto di visionare i permessi e le valutazioni. Eppure il mio nome è ben visibile all'entrata del cantiere. Questo è un modo strumentale di fare appello alle istituzioni e mira sola a risolvere piccoli problemi personali». La data fissata per il termine della raccolta firme di chi vuole esprimere perplessità sul nuovo locale, coincide con l’ottenimento del permesso della commissione vigilanza.

«Ci sono degli organi di controllo che sovrintendono alla realizzazione di ogni locale - spiega Bruno Vesnaver, presidente della Fipe - e di conseguenza non ha senso mettere il carro davanti ai buoi e sollevare problemi prima ancora che il locale apra. Ma è possibile - sbotta poi il numero uno della Fipe locale - che di fronte a qualsiasi novità Trieste reagisca sempre con un comitato, una raccolta di firme o una protesta? A questo punto capisco i giovani che se ne vogliono andare - aggiunge Vesnaver - e gli investitori che dirottano altrove i loro capitali. Non possiamo pensare di crescere solo a forza di caffè storici e teatri. In questa città vivono anche i giovani o comunque chi desidera un altro tipo di intrattenimento».

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