Detenuto a Trieste parla con i prof del figlio via Skype
Il colloquio tra i detenuti e i loro famigliari potrebbe realizzarsi attraverso la rete di Skype. Non più mogli, fidanzate, anziane madri e bambini umiliati dai controlli e dalle perquisizioni nella sala degli incontri del Coroneo. Ma un semplice click a orari prestabiliti: il detenuto sta in una sala, vigilato da un agente: e il famigliare a casa sua. Si guardano e parlano tranquillamente, visti e ascoltati da un agente della pentitenziaria.
L’idea è del direttore del carcere Enrico Sbriglia che - in via sperimentale - l’ha già attuata collegando via web un recluso con gli insegnanti del figlio. «Questo perché dobbiamo riconoscere ai detenuti che sono genitori il loro diritto».
Il test effettuato nei giorni scorsi ha dato il risultato sperato. Il padre recluso ha potuto parlare per un discreto tempo con i professori di una scuola della provincia di Udine. L’assistenza al detenuto è stata fornita dall’ associazione onlus “Auxilia” attraverso i suoi volontari, utilizzando Skype e attrezzandosi con due diverse postazioni informatiche.
Sbriglia schiude uno scenario nell’utilizzo di internet dal carcere che, ad esempio, potrebbe coinvolge non solo i parenti, ma anche «gli immigrati privi di documenti che potrebbero comunicare con le rispettive ambasciate per fornire le proprie generalità o per consentire ai detenuti di interloquire genericamente con la pubblica amministrazione».
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