Depositi Costieri, fallimento decretato a Trieste

Nella sentenza del Tribunale sulla ditta portuale raggiunta da una interdittiva antimafia anche la nomina di un curatore. Avviate le procedure per la vendita. Restano i commissari
Lasorte Trieste 02/01/18 - Via Rio Primario, Depositi Costieri
Lasorte Trieste 02/01/18 - Via Rio Primario, Depositi Costieri

TRIESTE Il Tribunale ha dichiarato il fallimento della Depositi Costieri Trieste spa, la società con sede in via Rio Primario che si occupa della movimentazione e dello stoccaggio dei prodotti petroliferi in porto. La sentenza è di lunedì scorso. È stato anche nominato un curatore, il commercialista Piergiorgio Renier. Il giudice delegato è Daniele Venier.

La richiesta di fallimento era stata avanzata a dicembre dalla Procura di Trieste a causa dai debiti dell’impresa nei confronti dell’Agenzia delle Dogane per oltre 30 milioni di euro. Il palazzo di giustizia, in particolare, aveva accertato la sussistenza dei presupposti di fallibilità in merito alla situazione di insolvenza che, a partire dall’ottobre 2016, si era verificata in coincidenza con la notifica dei primi avvisi da parte delle Dogane. Un buco finanziario acclarato nell’ambito di un procedimento penale inerente i mancati pagamenti delle accise da parte dei clienti della Dct, cui è chiamata a rispondere anche la società che gestisce il deposito fiscale.

La sentenza del Tribunale ha disposto anche l’esercizio provvisorio. È quindi il curatore fallimentare Piergiorgio Renier a mantenere in vita l’azienda nella prospettiva di una futura cessione. «Ho già parlato singolarmente con tutti i dipendenti (venti, complessivamente, ndr) - spiega il commercialista - e ho assicurato che i contratti con il personale proseguono. Ora devo gestire la società per arrivare alla vendita - aggiunge il professionista - comunque sto già muovendomi a questo proposito. Di solito ci vogliono cinque o sei mesi prima di raggiungere un risultato».

E per colmare il debito milionario accumulato dalle passate gestioni? «Ciò che incasserò dalla cessione degli asset aziendali sarà distribuito ai creditori secondo l’ordine dei privilegi previsto dal codice civile», precisa Renier. «Non so ancora a quanto venderò l’azienda - osserva il curatore - ma a un certo punto nella graduatoria figurerà anche il debito delle accise non pagate. Va detto che stiamo parlando di una società che copre un servizio utile al sistema economico triestino e quindi a mio avviso potrà suscitare l’interesse di imprenditori seri e corretti».

Come noto la Dct è anche destinataria di un provvedimento di interdizione emesso dal prefetto di Trieste, Annapaola Porzio, per timori di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata. L’intera vicenda era esplosa a fine dicembre, dopo che le forze dell’ordine avevano accertato l’enorme debito della ditta. Nel corso delle verifiche erano stati delineati i dettagli di un’operazione di acquisizione societaria. Qui gli investigatori hanno voluto vederci più a fondo: nonostante il rosso, Depositi Costieri era stata acquistata da “Life”, un’impresa composta da imprenditori prevalentemente campani.

«Le conclusioni a cui è arrivata la nostra istruttoria – affermava nelle scorse settimane il prefetto Porzio – non ci fanno ritenere sufficientemente affidabile l’azienda sotto il profilo di una totale assenza di infiltrazione mafiosa». In questo caso Camorra.

Il sospetto di un intrigo con la criminalità era maturato proprio con il passaggio di proprietà: dagli ultimi controlli nell’impresa era stata confermata anche la presenza all’interno della ditta di un dipendente di origini napoletane condannato anni fa per associazione mafiosa e di un altro individuo assunto ad agosto (un paio di mesi dopo la cessione della Depositi Costieri alla Life) che secondo le forze di polizia ha avuto collegamenti con i camorristi.

All’indomani dell’emissione dell’interdittiva antimafia, l’Autorità portuale aveva deciso di vietare al nuovo amministratore delegato dell’azienda, il napoletano Giuseppe Della Rocca, l’accesso agli uffici di via Rio Primario. Analogo provvedimento era stato assunto per gli altri due dipendenti nel mirino degli investigatori.

Il 10 gennaio scorso l’azienda era stata commissariata su decisione della Conferenza dei servizi, coordinata dalla stessa Prefettura, e affidata a tre professionisti: il docente di diritto amministrativo Andrea Crismani, il generale dei carabinieri in quiescenza Roberto Zuliani e l’imprenditore friulano Matteo Tonon. Tre figure tutt’ora in carica proprio per vigilare sulle disposizioni dell’interdittiva.

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