Denaro sporco riciclato in Slovenia. Lubiana blocca 8 mila conti correnti

LUBIANA Dopo la clamorosa scoperta, da parte della commissione parlamentare di sorveglianza sulle banche, avvenuta nella passata legislatura del riciclaggio di oltre un milione di dollari iraniani attraverso un conto corrente della Nova Ljubljanska Banka e la stima di oltre tre milioni di euro rimessi in circolo da faccendieri italiani, mafia compresa, iraniani e serbo-bosniaci, la Banca centrale di Slovenia è corsa ai ripari elevando, e di molto, l’asticella dei controlli.
Nella rete imposta dal banchiere centrale sono così caduti oltre ottomila conti correnti in odore di riciclaggio che sono stati chiusi negli istituti di credito del Paese, in primis nella Nova Ljubljanska Banka e nella Nova Kreditna Banka Maribor. E a essere scardinato è stato il cosiddetto “italian job”, in altre parole il “metodo italiano” per trasformare le banche della Slovenia in una vera e propria lavatrice del denaro sporco.
Negli ultimi quattro anni l’Agenzia per l’evidenza del diritto pubblico e del lavoro (Ajpes) ha rilevato un incremento del 19% di nuove società con sede in Slovenia di proprietà italiana. In precedenza a crescere come funghi dopo un’abbondante pioggia erano state le società controllate dai russi.
Da quest’anno però il ritmo è rallentato e di molto facendo segnare già un -2%. Il metodo italiano è abbastanza “semplice”. Un privato apre una società in Slovenia con una sede “fittizia” (vi sono uffici a Lubiana che ospitano anche due o tre di queste aziende in pratica inesistenti). Può così aprire un conto corrente in una banca slovena e il gioco è fatto. Più difficile il trucco per quanto riguarda i russi, Paese extracomunitario. I privati in questo caso possono acquistare beni immobili solo attraverso un’azienda.
Ma vi sono stati casi in cui una società russa ha versato cospicue somme in contanti in un conto corrente in una banca della Slovenia a favore di un’azienda slovena di cui loro stessi, di fatto, erano i proprietari dietro alcuni prestanome.
La Slovenia respinge le accuse di essere una sorta di terra del bengodi per chi vuole riciclare denaro sporco e mostra le classifiche ufficiali in cui il Paese risulta essere negli ultimi posti per quanto concerne il riciclaggio di denaro sporco e il finanziamento del terrorismo. Getta però anche una pesante ombra di sospetto di collusione delle Società contabili del Paese le quali per legge se si dovessero trovare di fronte a posizioni sospette hanno l’obbligo di denunciarle all’Ufficio per la lotta al riciclaggio del denaro sporco. Insomma nell’operazione illecita, alla fine, ci guadagnano un po’ tutti quindi l’omertà era di casa nel sottobosco che operava in questo delicato settore malavitoso.
La Banca centrale slovena conferma (è difficile ottenere dati direttamente dai singoli istituti di credito che si trincerano dietro il segreto d’ufficio) che all’inizio del 2015, quando è iniziata l’opera di stretto monitoraggio su quanto stava accadendo alla Nova Kreditna Banka Maribor (Nkbm), sono stati scoperti ben 500 conti correnti “di paglia” intestati ad altrettante aziende italiane aperti nelle filiali vicine al confine come a Capodistria, Miren, Šempeter o Nova Gorica dove venivano versati importi a sei zeri. Qualche giorno dopo l’avvenuto versamento le cifre venivano incassate in contanti da cittadini italiani responsabili delle suddette aziende.
Ricordiamo che l’ispettore della Banca di Slovenia Žarko Gorenjc davanti alla commissione parlamentare di controllo del banche, lo scorso anno, aveva dichiarato che la Nkbm «aveva un pessimo sistema per evitare il riciclaggio e ha in questo caso (degli italiani ndr.) nascosto i dati critici».
Altrettanto eloquente era stata la deposizione dell’altra ispettrice della Banca di Slovenia, Jelena Miloševič, che confermò che quanto aveva visto alla Nkbm era qualcosa di unico nel sistema bancario del Paese. Ora solo il tempo dirà se in Slovenia la lavatrice del denaro sporco si è definitivamente inceppata. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo