Dell’Acqua: «Le coppie travolte dall’incertezza: in guerra era lo stesso ma ci sarà una ripresa»

Lo psichiatra analizza gli effetti della pandemia sulla mente e sulle dinamiche relazionali, guardando anche al passato 
Lo psichiatra Peppe Dell’Acqua
Lo psichiatra Peppe Dell’Acqua

TRIESTE Dopo il crollo della natalità durante il lockdown c’è da aspettarsi un nuovo baby-boom come quello avvenuto dopo la seconda guerra mondiale? Possibile, anche se ovviamente non con gli stessi numeri dell’epoca post-bellica, secondo il professor Peppe Dell’Acqua, ex direttore del Dipartimento di Salute mentale di Trieste e tra i maggiori eredi di Franco Basaglia.

Lo psichiatra e divulgatore non si proclama sorpreso dall’esito dello studio del Burlo, che costituisce un interessante spunto per provare ad analizzare gli effetti del lockdown e, più in generale, dell’esperienza pandemica sulla mente umana. «Di sicuro la preoccupazione per il futuro ha avuto il suo peso – premette Dell’Acqua –. Mi viene da pensare al fatto che io sono nato nel 1947, subito dopo la guerra. I miei genitori non se la sentirono di concepirmi durante il periodo bellico, perché le prospettive erano molto incerte». «Senza forzare il paragone tra guerra e pandemia – puntualizza lo psichiatra –, è evidente che ci possano essere dei parallelismi. Si tratta di un atteggiamento umanamente comprensibile e credo che potremmo definire giudiziose le coppie che hanno deciso di accantonare, immagino a malincuore, l’idea di concepire un figlio in quanto spaventati dall’incertezza. Troppo spesso si pretende di attribuire alla pandemia e al disagio psichico correlato comportamenti che fanno parte semplicemente delle umane inquietudini, comuni in ogni tempo. Con la pandemia la medicalizzazione del disagio è diventata ancora più pesante. È vero che è aumentato il numero degli psicofarmaci ma chi li prescrive? Gli psichiatri, che devono cercare di dare un nome a quel disagio».

Un tema molto discusso è quello dell’impatto che la pandemia sta avendo sui più giovani e in particolare su chi va a scuola. «Si tendono a enfatizzarne gli effetti negativi, che in parte ci sono stati – osserva l’ex direttore del Dipartimento di salute mentale triestino –: è vero che hanno perso mesi di lezioni in presenza, ma io gli ho visti felici di tornare a scuola in questi giorni. Stare insieme, frequentare una lezione normalmente, ha acquistato adesso un valore molto più grande per loro. La pandemia li ha messi di fronte a esperienze totalmente inattese, li ha stimolati, li ha spinti a imparare meglio a usare i computer. Ma questo non vale solo per gli scolari». «Tutti noi – rimarca – siamo stati messi alla prova di fronte all’imprevedibile. Abbiamo dovuto aumentare la nostra capacità di adattamento e resilienza, limitare la tendenza a essere indifferenti verso gli altri. Quando dicevamo, un po’ enfaticamente, che una volta usciti dalla pandemia saremmo stati delle persone migliori era questo il senso».

«Gli esseri umani sono in grado di adattarsi a tutto: figuriamoci se non sapremo rimetterci in moto dopo la pandemia – aggiunge Dell’Acqua –. Varrà sicuramente anche per la natalità. Sono convinto che tante coppie torneranno a credere nel futuro e vorranno avere dei figli. Magari ci sarà un piccolo boom come accadde dopo la guerra più di settanta anni fa. Anche se non dobbiamo dimenticare che il trend demografico al ribasso è in atto ormai da decenni».

«Credo che il dibattito mediatico sulla pandemia – conclude lo psichiatra – ignori le persone fragili che già prima soffrivano di patologie e problemi psichici. Per loro il lockdown ha avuto davvero effetti pesantissimi. Hanno bisogno del contatto, anche fisico, di socialità. Quando l’emergenza finirà sarà importante riuscire ad aiutarli». —

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