Delitto Novacco: Console e Cavalli, niente attenuanti Il pm punta dritto all’ergastolo

De Bortoli ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio per omicidio pluriaggravato per i due assassini di Gretta. Accertate anche le responsabilità di Barbara Tardivo, moglie di “Tex”
Paolo Giovannini, Trieste 31/10/2011, Tribunale di Trieste.
Paolo Giovannini, Trieste 31/10/2011, Tribunale di Trieste.

TRIESTE

Non c’è più nulla da scoprire nell’abisso del delitto di Gretta. L’indagine è chiusa e il magistrato che l’ha diretta, il pm Massimo De Bortoli, ha firmato ieri la richiesta di rinvio a giudizio per Giuseppe Console, Alessandro “Tex” Cavalli e Barbara Tardivo. I primi due sono gli assassini di Giovanni Novacco, il giovane poco più che ventenne, sequestrato torturato e ucciso nella notte tra il 25 e il 26 agosto scorsi. Barbara Tardivo è la moglie di Alessandro Cavalli: ha visto la vittima legata su una sedia, ferita e denudata, ma non ha fatto nulla per salvarla. Ha chiuso gli occhi e il cuore di fronte a quello scempio ed è ritornata a casa a dormire.

Nei prossimi giorni un altro magistrato, il presidente aggiunto del gip Guido Patriarchi, aprirà i nove faldoni frutto di sei mesi di indagini e inizierà a leggere le seimila pagine alla cui redazione hanno lavorato, diretti dal pm Massimo De Bortoli investigatori della Squadra mobile, medici legali, tossicologi, esperti di Dna. Davanti agli occhi dal giudice si spalancherà l’inferno, il nero di un abisso che nella memoria collettiva di questa città non ha precedenti, nonostante le ripetute e approfondite ricerche negli archivi e nella memoria compiute da investigatori, avvocati, criminologi e giornalisti.

Quando è accaduto per ore e ore nell’alloggio di una vecchia casa abbandonata dall’Ater in via Gemona 5, supera infatti i confini della sofferenza umana, traccia una nuova linea di demarcazione tra l’umano e la trasgressione criminale. Giuseppe Console e Alessandro Cavalli non hanno impugnato le usuali armi, care agli assassini. Nè pistole, nè coltelli, nè primitive pietre o bastoni e tantomeno roncole o ascie. Sul corpo di Giovanni Novacco come si legge - - hanno infierito con un pesante tronchese, con un coltello a farfalla e con uno sgabello. Hanno legato il sequestrato con un cordino ad una sedia dopo avergli fatto spegnere la voce in gola, tappandogli la bocca con vari “giri” di nastro adesivo industriale.

In precedenza lo avevano drogato con uno psicofarmaco così da fiaccargli la volontà di resistere e le capacità di reagire. Infine hanno cosparso di benzina parte del suo corpo, non serve andare oltre. Altro non c’è da dire, quanto si sa è già sufficiente per capire.

Giuseppe Console e Alessandro Cavalli saranno portati in manette nell’aula del Tribunale entro un paio di settimane per quella che il Codice di procedura definisce “l’udienza preliminare”. Sanno di rischiare il carcere a vita anche se i loro difensori, gli avvocati Paolo Bevilacqua e Maria Genovese non potranno non scegliere il rito abbreviato nell’intento di sfuggire alla Corte d’assise, al processo pubblico e ai giudici popolari. Lì il destino dei due assassini sarebbe già scritto con il termine ergastolo.

Ecco perché nessuno, tranne gli addetti ai lavori - giudici avvocati, cancellieri e agenti della polizia penitenziaria - potrà mai sentire le voci e le parole pronunciate dai due imputati durante il processo. Tutto si svolgerà all’interno della camera di consiglio, lontano da occhi e orecchie di estranei. Alessandro Cavalli e Giuseppe Console cammineranno tra cinque o sei uomini in divisa lungo un corridoio e verranno inghiotti dall’aula e dalle loro responsabilità.

Fino a oggi i due assassini si sono gettati l’uno l’altro addosso le responsabilità. Come se uno o più dettagli “sfocati” potessero rendere meno cupo il loro futuro e meno prolungata la loro permanenza in carcere. Il capo di imputazione fa chiarezza anche sulle reciproche accuse: il pm Massimo De Bortoli scrive di “concorso morale e materiale nell’omicidio volontario di Giovanni Novacco”. In sintesi hanno agito assieme e hanno sempre saputo cosa stavano compiendo. Nello stesso documento viene anche definito il movente. Giovanni Novacco, secondo gli assassini, non doveva frequentare da amico nè Michela Nordio, moglie separata di Giuseppe Console, nè il suo nuovo compagno, Giuseppe Somma. I tre non dovevano farsi vedere assieme a Roiano , “contravvenendo al divieto comunicato loro più volte”. I due imputati, da anni infatti si arrogavano un potere di controllo sul territorio di quel rione. Più volte erano stati denunciati ma la loro potenzialità criminale nessuno l’aveva colta. Il 25 agosto scorso era passati all’azione, sequestrando poco prima di mezzorgiono Giovanni Novacco.

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