Delitto di Gretta, l’orrore tre anni dopo
Sono passati tre anni da quella lunga notte di orrore e morte che lasciò la città attonita e precipitò sulle famiglie di vittime e carnefici il peso di un dolore muto che non è mai uscito dal riserbo di un silenzio mantenuto a tutt’oggi.
Tra il 25 e il 26 agosto del 2011 in uno stabile abbandonato dell’Ater in via Gemona 5, nel rione di Gretta, si consumarono ore di violenza e di follia culminate in un delitto atroce. Morì Giovanni Novacco. Era un ragazzo, aveva 23 anni: venne legato, imbavagliato, torturato e infine barbaramente ucciso. Ucciso da Giuseppe Console, un giovane che aveva soltanto qualche mese più di lui, e che su Giovanni infierì assieme ad Alessandro “Tex” Cavalli, di una decina d’anni più anziano. Fu una vicenda la cui enormità indusse il vescovo Giampaolo Crepaldi a indire una fiaccolata contro la violenza, ma anche contro lo spettro dell’indifferenza, alla quale parteciparono lungo le strade di Roiano e Gretta migliaia di persone, rappresentanti delle istituzioni in testa.
Il delirio di onnipotenza di cui caddero preda quella notte Console e Cavalli è stato sottolineato e ribadito nello scorso febbraio dalla Corte d’Appello che, per entrambi, ha confermato la condanna all’ergastolo. I difensori Sergio Mameli (per Console) e Maria Genovese (per Cavalli) hanno proposto entrambi ricorso alla Corte di Cassazione cercando di scalfire una sentenza granitica che non ha preso in considerazione la richiesta di una nuova perizia psichiatrica nei confronti dei due imputati. Considerati dai giudici responsabili del delitto entrambi in uguale misura.
La data dell’udienza davanti alla Suprema corte non è ancora stata fissata. Ma rappresenterà l’ultimo atto della tragedia. Poi sarà il silenzio di due vite dietro alle sbarre, e di un’esistenza cancellata per sempre: rimarrà questo il bilancio di una storia di cui a breve scomparirà il macabro teatro in cui si consumò, quella vecchia casa dove in tanti nelle ore successive al delitto andarono a deporre un fiore. L’Ater farà infatti partire tra qualche settimana il cantiere di riqualificazione totale delle palazzine in abbandono di via Gemona e di via Gradisca.
Dice l’avvocato Sergio Mameli: «Sono andato due volte a trovare Giuseppe Console nel carcere di Padova dov’è detenuto. L’ho trovato prostrato e in cattive condizioni di salute. A tre anni di distanza si è pentito. Si è reso conto della gravità della sua azione. L’unica cosa che ho potuto fare è stata chiedere l’autorizzazione per l’ingresso in carcere di un medico psichiatra». Il ricorso di Mameli si basa sostanzialmente sul «mancato riconoscimento del vizio parziale di mente» di Console. Ma anche sull’applicazione delle aggravanti relative al reato di omicidio volontario e di sequestro di persona.
Quanto a Cavalli, «il ricorso per Cassazione in suo favore - osserva l’avvocato Maria Genovese - rileva quale motivo principale, il vizio di manifesta illogicità nella sentenza (di Appello, ndr) nella parte in cui non ha colto le incongruenze contenute nella perizia psichiatrica svolta nel corso del primo grado di giudizio. Confido che la sentenza impugnata, in accoglimento del ricorso, venga annullata per dare ingresso a una nuova perizia che evidenzi correttamente la situazione in cui si trovava il mio assistito al momento dei fatti».
Una situazione che portò tanto i giudici di primo quanto quelli di secondo grado a decretare l’ergastolo. Annotando la brutalità e l’uguale responsabilità dei due carnefici, già conosciuti da tempo del resto nel rione per le loro scorribande e azioni minacciose. Due persone senza lavoro e senza futuro, che in una notte di fine estate imitarono con brutalità sconvolgente i comportamenti dei duri, quelli dei mafiosi. Del resto era “Beppe da Roian” o meglio “Beppe Riina” il nickname che Console aveva deciso di postare sul suo profilo facebook per ribadire e rafforzare il proprio ruolo da duro.
Poche ore dopo il delitto, in quell’agosto di tre anni fa, Alessandro Cavalli era stato arrestato dai poliziotti e rinchiuso nel carcere del Coroneo.
Giuseppe Console invece era riuscito a fuggire la notte stessa dell'omicidio per rifugiarsi nella casa di famiglia in un paesino della Calabria, dove però era stato quasi subito raggiunto dalla polizia mentre gli investigatori chiudevano il cerchio dopo il ritrovamento del cadavere di Novacco. Un giovane ucciso senza un movente, ma con inaudita crudeltà.
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