Delitto di Gradisca, caccia al movente
Il marito: «Migena mi rinfacciava di non lavorare. Non c’era accordo sulla separazione». Il gip convalida il fermo. Oggi l’autopsia

Migena Kellezi con il marito, Dritan Sulollari, in una foto del 2015 tratta dal profilo Facebook della donna, uccisa a coltellate dall'uomo. Gradisca d'Isonzo (Gorizia), 8 novembre 2017. +++ATTENZIONE LA FOTO NON PUO' ESSERE PUBBLICATA O RIPRODOTTA SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE DI ORIGINE CUI SI RINVIA+++
Uxoricidio di Gradisca, ecco cosa sappiamo
GRADISCA D’ISONZO. «Il litigio era scoppiato per le solite ragioni: mi rinfacciava che non lavoravo, che stavo sempre in casa. Inoltre non c’era accordo sulla separazione e sull’affido del bambino». È quanto ha detto Dritan Sulollari al magistrato e ai carabinieri del Nucleo investigativo di Gorizia in relazione all’omicidio della moglie Migena Kellezi avvenuto mercoledì mattina nell’appartamento di Gradisca d’Isonzo, dove la coppia viveva insieme al figlio di 8 anni.
Ieri mattina il giudice per le indagini preliminari Flavia Mangiante ha convalidato il fermo del cameriere trentasettenne. Di fronte al gip del Tribunale di Gorizia l’uomo ha ammesso le proprie responsabilità in relazione alla morte della moglie, ma ha anche ribadito di non ricordare nulla in merito all’azione uxoricida. «So che stavamo litigando e subito dopo, come se il tempo si fosse fermato, sento mio figlio che mi chiama dall’altra stanza. Dell'aggressione non ho alcuna immagine», ha riferito Sulollari ribadendo poi: «So che ho evitato di far vedere a mio figlio la mamma morta in camera e gli ho detto che mi ero ferito e che dovevo andare in ospedale, ma non chiedetemi cosa sia accaduto quando avevo il coltello in mano e come mi sono ferito alla mano perché non lo so».
Donna uccisa a coltellate dal marito a Gradisca
Il raptus omicida è iniziato nel soggiorno dell’abitazione per concludersi nella camera da letto. A risvegliare l’uomo dallo stato di trance sarebbe stato il rumore di una porta che si apriva. Non è però ancora chiaro se si sia trattato di una porta aperta da lui stesso o di una porta aperta dal figlio appena alzato. Pare però che il bambino non abbia visto né sentito nulla.
Quello che invece sembra essere ormai certo è che il quadro inizialmente delineato dal Nucleo investigativo comandato dal tenente colonnello Pasquale Starace e coordinato dal pubblico ministero Laura Collini è stato di fatto confermato dallo stesso Sulollari. Le ferite alla mano dell’uomo non sono state provocate dalla moglie e non sono neppure il frutto di un atto di autolesionismo dovuto al rimorso per quanto era appena accaduto.

Migena Kellezi con il marito, Dritan Sulollari, in una foto del 2015 tratta dal profilo Facebook della donna, uccisa a coltellate dall'uomo. Gradisca d'Isonzo (Gorizia), 8 novembre 2017. +++ATTENZIONE LA FOTO NON PUO' ESSERE PUBBLICATA O RIPRODOTTA SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE DI ORIGINE CUI SI RINVIA+++
Per l’uxoricida reo confesso l’avvocato difensore Paolo Bevilacqua ha chiesto ieri i domiciliari. Dal momento che per l’uomo si tratterebbe di fare ritorno nell’appartamento di via della Campagnola 21 dove è avvenuto il delitto, il gip si è riservato di valutare la concessione della misura cautelare alternativa al carcere. L’ex cameriere per ora rimane dunque nella casa circondariale di via Barzellini a Gorizia.
Oggi intanto è in programma l’autopsia sul corpo di Migena Kellezi. Sarà il medico legale Carlo Moreschi di Udine a stabilire quali e quante ferite siano state fatali alla donna. La trentenne di origini albanesi con passaporto italiano è stata trovata morta a letto, ma la lite è iniziata in salotto. È lì che Dritan ha afferrato il coltello da cucina e ha cominciato a brandirlo in preda a un raptus contro la moglie.
Secondo le prime ricostruzioni, Migena avrebbe tentato di ritirarsi in camera, ma l’uomo l’ha seguita fendendo l’arma da taglio. La donna ha cercato di difendersi ma nulla ha potuto. È stata colpita alle braccia, al torace e alla gola. Sarà l’esame di oggi a dire quali e quanti colpi le siano stati fatali.
Emerge intanto che tra il momento dell’aggressione e la chiamata all’amico carabiniere fatta per confessare il delitto («Ho fatto una sciocchezza», avrebbe detto Sulollari) sarebbe passata meno di mezz’ora, e non due ore come inizialmente era stato ipotizzato. In questo lasso di tempo, chiusa a chiave la camera da letto, l’ex cameriere si è lavato, si è vestito e ha svegliato il figlio giustificando l’assenza della madre. Al piccolo ha detto che la mamma era uscita per andare a fare colazione con un’amica.
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