Delitto Degrassi, in aula le immagini dell’orrore

Ricostruiti gli ultimi istanti di vita del portuale per il cui assassinio avvenuto a Monfalcone è imputato Michele Carannante. Il medico legale: forse dei complici

In Tribunale come in un film horror. Le immagini agghiaccianti del cadavere di Riccardo Degrassi, il portuale monfalconese di 38 anni morto il 19 gennaio dello scorso anno per i colpi inferti con due pesanti vasi di fiori e con un contenitore di plastica per l’immondizia, scorrono sul telone bianco alzato vicino agli scranni della giuria della Corte d’assise presieduta da Giorgio Nicoli, a latere Enzo Truncellito. Vicino ai due togati gli otto giudici popolari. Chi è lì trattiene il fiato e lo sgomento. Qualcuno, come l’avvocato di parte civile Giovanni Iacono, ogni tanto abbassa lo sguardo.

Quelle che si vedono sono immagini tanto devastanti che lo stesso giudice a un certo momento chiede al medico legale Carlo Moreschi, consulente del pm Valentina Bossi, di descriverle piuttosto che soffermarvisi. In prima fila seduto vicino ai propri difensori, gli avvocati Elisabetta Burla e Giannantonio Milio, c’è Michele Carannante, 21 anni, residente a Duino, ritenuto l’assassino del portuale consumato a Monfalcone. È impassibile. Il suo sguardo è fisso nel vuoto. Non mostra alcun turbamento di fronte a tutto quell’orrore.

Nella sua deposizione il medico legale Carlo Moreschi non descrive scientificamente soltanto le lesioni e le loro tragiche conseguenze delle stesse, ma offre l’opportunità di ricostruire la sequenza dinamica dell’omicidio. Da quando Riccardo Degrassi quella notte è stato avvicinato in via Marco Polo a quando, riverso sull’asfalto, è stato finito con il contenitore di plastica bianco che lo ha colpito sotto uno zigomo lasciandogli due profondi segni.

Foto Bruni 28.02.14 Corte d'appello:Carannante a giudizio
Foto Bruni 28.02.14 Corte d'appello:Carannante a giudizio

L’aggressione secondo il medico legale è cominciata con oggetti contundenti, con un margine netto, «compatibili» con i vasi di fiori di terracotta rubati poco prima dal cortile della casa di Elda Medeot. La prove della mattanza sono le mani di Degrassi. Le mani con le quali ha disperatamente tentato di proteggersi. Sono piene di segni, di taglietti provocati dai frammenti dei vasi. Poi il volto in cui ci sono ematomi di rilevante dimensione. I lobi delle orecchie tranciati di netto. E infine - a dimostrazione della violenza nell’aggressione - la calotta cranica fratturata da colpi di incredibile violenza. Moreschi nella sua esposizione ha lasciato supporre anche la presenza di complici sul luogo del delitto, sottolineao come Degrassi sia stato «affrontato da più parti».

È emerso in questa descrizione un ennesimo particolare di quanto avvenuto quella tragica notte. È quello della telefonata, o meglio del messaggio alla segreteria telefonica del cellulare in uso a una ragazza che all’epoca frequentava il gruppo di cui faceva parte Carannante. Nel sms sono rimasti impressi soltanto dei rantoli - sui quali il giudice Giorgio Nicoli già due udienze addietro ha disposto una perizia fonica - che secondo il medico legale potrebbero essere compatibili con gli ultimi istanti di vita di Degrassi. La morte per il portuale non è stata immediata. La sua agonia è durata qualche minuto. Forse il cellulare era stato lasciato col numero sul display pronto per far partire la chiamata, lì vicino, gettato dall’assassino. Lo stesso Carannante avrebbe tentato di chiamare e di chiedere aiuto a un’amica, rendendosi conto di quanto aveva fatto. Degrassi in un gesto estremo potrebbe averlo toccato e la chiamata così sarebbe partita. Ma non vi è rimasta alcuna voce: solo gli ultimi istanti prima della morte. La prossima udienza è fissata per venerdì 11 aprile.

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