Delbello: la Croazia lasci le case disabitate agli esuli

TRIESTE. «L’incontro di Pola con i Presidenti Napolitano e Josipovic è stato importante, ma adesso è cruciale non tanto il riconoscimento dei torti fatti in chiave storica, ma uno sguardo più coraggioso al futuro con il superamento del Trattato di Osimo e l’opportunita di offrire agli esuli che non possono tornare in possesso di quelli che erano i loro beni, di occupare le tante case disabitate che oggi ci sono ad esempio all’interno dell’Istria». Sono le considerazioni che fa Silvio Delbello, presidente dell’Università popolare, l’ente che sostiene la lingua e la cultura italiane in Istria, Fiume e Dalmazia, a pochi giorni dallo storico concerto all’Arena.
Presidente Delbello quale significato dà all’incontro dei due Presidenti con le comunità degli italiani presenti nell’ex Jugoslavia, ma anche con le associazioni degli esuli?
Un significato fondamentale e straordinario, ma non tanto per quanto riguarda le atrocità commesse, i perdoni pronunciati e i giudizi o i riconoscimenti di tragedie come le Foibe e l’Esodo sulle quali purtroppo continueranno ad esservi sensibilità e ragionamenti diversi, giusti o sbagliati che siano. Fatto sta che con le manifestazioni di Pola non solo le autorità e le personalità presenti, ma l’opinione pubblica intera si è finalmente resa conto di quanto importante non solo sia stata nella storia, ma sia ancora oggi la comunità italiana in quelle terre. Il presidente della Regione istriana Jakovcic ha riconosciuto che è soprattutto grazie alla presenza italiana se le condizioni di vita in Istria sono migliori che in quasi tutte le altre zone della Croazia.
Lei ha tenuto un breve discorso alla Comunità degli italiani di Pola, in cui si è rivolto sia a Josipovic che a Napolitano. Cosa ha chiesto a nome dell’Università popolare?
Credo che l’Università popolare che dal 1964 ha esteso la propria attività all’Istria e al Quarnero e che si appresta a progettare i festeggiamenti che vi saranno nel 2014 per celebrare il cinquantennale di questo ampliamento del suo raggio di attività, possa vantare dei crediti nei confronti di entrambi gli Stati.
Quali sono le richieste che sono state avanzate e che hanno goduto di una così ampia cassa di risonanza?
Alla Croazia chiediamo che vi sia finalmente un’applicazione completa del bilinguismo e che vi sia maggior attenzione per le scuole italiane di tutti gli ordini di insegnamento. Oggi le scuole italiane sono più di 25, ma alcune, chiuse dopo la fine della guerra non sono più state riaperte. Da sei o sette anni stiamo invano tentando di aprire un asilo italiano a Zara, speriamo che il 2012 sia l’anno buono. E poi in Croazia vi sono ancora difficoltà per quanto riguarda il riconoscimento delle maturità conseguita nelle scuole italiane. All’Italia chiediamo un maggior sostegno agli italiani che vivono oltreconfine. Nel mio saluto, dato che si festeggiano i 150 anni dell’unità d’Italia, ho ricordato che numerosi patrioti del Risorgimento venivano da Istria, Fiume e Dalmazia. Sarebbe opportuno che l’Italia finalmente varasse quella legge di interesse permanente per far sì che i contributi per le nostre comunità non debbano essere richiesti e sofferti ogni tre anni.
Lei stesso è esule da Umago e per quindici anni è stato presidente dell’Unione degli istriani. Ritiene che il trattato di Osimo abbia oggi una sua validità?
Dal trattato di Osimo sono già passati 36 anni. Adesso che, dopo la Slovenia, anche la Croazia entrerà in Europa, il trattato di Osimo risulterà qualcosa di completamente superato. È da questo punto di vista che ritengo che gli incontri di Pola e la manifestazione all’Arena siano stati un punto di svolta importante: per costruire un nuovo futuro, più che per ripensare al passato.
Una nuova pagina da aprire anche per quanto riguarda la questione dei beni abbandonati?
Parto banalmente dal mio caso personale. La mia casa in Istria è stata acquistata da una famiglia croata. Ora non pretendo di riaverla indietro e di cacciare in strada quella famiglia, ma ci sono in Istria migliaia di case disabitate. Non tanto sulla costa, ma soprattutto all’interno della penisola ci sono frazioni di paese o addirittura villaggi interi dove l’80-90% delle case, alcune, ma non tutte ridotte a ruderi, ora sono libere o disabitate. Ai profughi che lo desiderano potrebbe venir data l’opportunità di sistemarle e di abitarle. Sarebbe un modo veramente innovativo per migliorare definitivamente i rapporti fra tre Paesi (Italia, Slovenia e Croazia) senza più confini tra uno e l’altro perché facenti parte tutti assieme della nuova Europa.
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