Dehors, il Tar dà ragione al Comune

Rigettato il ricorso di un ristoratore sull’occupazione di suolo pubblico: l’interesse dell’ente prevale sul privato
Di Antonio Boemo
Bonaventura Monfalcone-04.08.2012 Ristoranti che occupano i campi-Grado-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-04.08.2012 Ristoranti che occupano i campi-Grado-foto di Katia Bonaventura

GRADO. L’interesse pubblico prima di tutto. Lo ha stabilito il Tar, con una recente sentenza che ha dato piena ragione al Comune di Grado, ribadendo la prevalenza dell’interesse pubblico su quello privato. È quanto è emerso a seguito del ricorso presentato da un’attività di ristorazione del centro storico di proprietà della Spa.Da Srl (il ristorante La Caina di campo San Niceta) contro l’ente locale. Il riferimento del ricorso è unicamente legato alla concessione del suolo pubblico poiché, proprio per l’interesse pubblico, il Comune, difeso dall’avvocato Francesco De Benedittis, ha rilasciato la concessione alla società, riducendo di fatto l’area precedentemente occupata. Si tratta di un argomento legato evidentemente anche alla questione dei dehors, che tuttavia hanno avuto un altro percorso, tanto che nel nuovo regolamento si parla solo di tende. Ma quella dei dehors è una vicenda diversa, peraltro non ancora conclusa nel suo iter penale che era stato aperto inizialmente dalla Procura di Gorizia i virtù, a quanto sembra, della denuncia presentata da un operatore locale.

Intanto, almeno per ora (del resto, è anche il regolamento comunale più recente a stabilirlo) i manufatti chiusi restano banditi. Tuttavia il Comune deve trovare il giusto equilibrio per far convivere l’interesse pubblico con quello legato allo sviluppo commerciale e turistico, fondamentale per Grado.

Torniamo alla sentenza del Tar. La società Spa.Da Srl aveva ricorso in giudizio chiedendo l’annullamento del diniego comunale di autorizzazione temporanea per l’occupazione di spazi pubblici dato che gestisce il locale da anni e che in precedenza aveva sempre ottenuto l’autorizzazione a mantenere all’esterno tavolini, sedie e una tenda parasole. Parte del ricorso è ruotata attorno alle disposizioni regolamentari precedenti, ma rigettando il ricorso, il Tar ha stabilito che ciò che ha fatto il Comune è sostanzialmente un adeguamento coattivo alla nuova disciplina comunale sulle tende. «Va tenuto presente – si legge nella sentenza – che si tratta di autorizzazione all’utilizzo del suolo pubblico, per cui risulta prevalente l’interesse pubblico e un armonico utilizzo del territorio, rispetto ad interessi privati che devono essere considerati». In sostanza, spiegano i giudici, il Comune di Grado ha inteso rendere uniforme la disciplina per l’intero territorio comunale e nel fare ciò ha in un certo senso azzerrato l’intera situazione. Il che, secondo il Tar, non significa interferire nell’attività privata, né di operare per il passato, ma semplicemente di regolare l’utilizzo da parte di privati del suolo pubblico, per finalità evidentemente prevalenti di salubrità, sicurezza e tutela urbanistica del territorio. Quindi si arriva al riferimento diretto alle tende. Il Tar ricorda che il regolamento ha previsto alcuni requisiti per le tende con montanti in centro storico che «non risultano rispettati dal manufatto edificato» dalla società che ha proposto ricorso. «Da ciò – afferma il Tar - la legittimità dell’azione comunale tendente alla rimozione di detto manufatto», così come previsto dal regolamento comunale in vigore. Il tutto anche indipendentemente dall’esistenza di precedenti autorizzazioni. Per il Comune si tratta, dunque, della conferma delle corrette azioni intraprese. Peraltro, nessun dipendente comunale o amministratore è stato condannato per fatti attinenti a tende e suolo pubblico.

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