Degrado ad Altura nel centro ex Coop Residenti in allarme

Ormai svuotato il complesso dopo il crac delle Operaie Appello al Comune: richiesti servizi socio-sanitari e negozi
Foto BRUNI 20.09.2017 Altura:ec centro commerciale COOP con bar e farmacia- ingresso supermercato
Foto BRUNI 20.09.2017 Altura:ec centro commerciale COOP con bar e farmacia- ingresso supermercato
Allarme Altura. Il degrado del Centro commerciale in via Alpi Giulie, la mancanza di servizi essenziali, l’invecchiamento della popolazione, l’abbassamento delle quotazioni immobiliari: i residenti sono preoccupati perché non vogliono che il loro rione diventi sempre più una zona dormitorio.


Molti dei timori si attorcigliano attorno alla sorte del Centro commerciale, uno dei primi, se non il primo, a essere realizzato a Trieste a metà degli anni ’70, quando sorse il complesso condominiale ora abitato da 686 proprietari privati. I quattro piani dell’edificio appartenevano alle Cooperative Operaie e, in seguito al fallimento, sono in vendita e dell’operazione si occupa il liquidatore giudiziario Maurizio Consoli. Sulla carta il valore si aggira sui 2 milioni di euro, ma il mercato è altra cosa.


Il consiglio dei consultori, una sorta di coordinamento dei capicasa, ha organizzato una raccolta di firme da inoltrare al Comune e al curatore, per chiedere che il Centro commerciale «rimanga il nucleo più importante dei servizi comunitari del rione, come originariamente progettato, e non debba cambiare in nessun modo destinazione d’uso». La paura dei residenti è che lo stabile venga ceduto per un piatto di lenticchie e resti sotto-utilizzato, una specie di cattedrale nel deserto, dove invece urgono interventi di riqualificazione.


Il quadro è a dir poco desolante. Al pian terreno c’è solo un’edicola-tabacchi. Al primo piano resiste il club Altura. Al secondo il supermercato non funziona da alcuni anni ed è completamente svuotato in quanto sono stati venduti mobilio e impianti (banchi, scaffali, frigoriferi, condizionatori) a un operatore triestino della grande distribuzione, che ha smontato e traslocato altrove gli acquisti. Il terzo piano è alla mercè di costanti atti di vandalismo. Al quarto, finalmente, un bagliore di vita con la farmacia e il bar. Gli ambulatori medici, la libreria, il negozio di abbigliamento, la parrucchiera, la pulitura, la pescheria appartengono a un passato ormai remoto e assai rimpianto. Su quattro ascensori ne funziona uno.


Angelo Ferri è l’anima del disagio e della protesta. Nei locali del bar ha radunato una quarantina di residenti. Quando acquistarono gli appartamenti una quarantina d’anni fa erano giovani, ma il tempo trascorre. Alcuni di loro vogliono esprimere a chiare lettere le ragioni di preoccupazione: Giuseppe Svaghel, Giuseppe Dellavalle, Francesco Colino, Giorgio Tull, Stelio Zollia. ..


Tre attività scaglionate su cinque livelli, in uno stabile da modernariato anni ’70, fanno tristezza. Il rione non è autosufficiente e i residenti vanno a fare la spesa a Borgo San Sergio e a Cattinara. Ma per gli anziani non è una gita scontata, tanti non guidano o non guidano più, scattano così forme di solidarietà rionale. Si appalesano i timori: «uno sconsiderato atto di vendita» - recita il testo della petizione - potrebbe portare alla soppressione anche i servizi residui.


«Se si sommano le nostre famiglie con quelle delle case Ater più vicine - aggiunge Ferri - raggiungiamo le mille unità, quasi tremila persone». Per venire incontro alle loro esigenze urgono risposte organizzative, che in buona parte riguardano pubbliche interlocuzioni: un asilo-nido comunale che possa servire anche le non distanti aree industriali; un ambulatorio dell’Azienda sanitaria; un supermercato che consenta l’approvvigionamento alimentare senza dover salire in auto; un maggior controllo in termini di sicurezza. Insomma - chiedono Ferri e i vicini di casa - resuscitare con un acquirente-gestore quattro piani “fantasma”, vittime dell’incuria e dell’abbandono. Dove servirebbe perfino un bancomat.


I residenti si rendono conto che il programma non è di pronta e agevole cottura. Lanciano un’idea al liquidatore giudiziario Consoli: viste le difficoltà incontrate nella vendita dello stabile nella sua interezza, perché non procedere a una cessione per piano? Una modalità che potrebbe rendere più facile trovare compratori, poi il tutto sarebbe trasformato in un semplice condominio.


«Quando acquistammo gli appartamenti a metà anni ’70 - precisa Ferri - uno dei richiami pubblicitari più attrattivi riguardava proprio la presenza di un Centro di acquisti e di servizi, con lo scopo di rendere subito autosufficiente la zona». E la realizzazione del Centro si fece sentire sulla quotazione degli alloggi. Adesso anche il tasto economico diviene dolente: «Una vicina intendeva vendere il suo appartamento di 95 metri quadrati con due balconi, ben tenuto e dotato di posto-auto, per 160mila euro. L’offerta migliore si è fermata a 120mila. Un quarto in meno. E lei ha rifiutato».


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